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Al G7 la sfida di Biden alla Via della Seta cinese. Ma gli alleati europei sono pronti?

12 Giugno 2021 - 08:38 Federico Bosco
Dietro il progetto Clean Green Initiative c'è la volontà del presidente statunitense di mandare un chiaro messaggio a Pechino: gli Usa non sono in declino. La domanda è se il Vecchio continente sarà sulla stessa lunghezza d'onda

Al G7 di Carbis Bay, gli Stati Uniti e gli alleati offriranno al mondo un’alternativa alla Nuova via della Seta cinese, il progetto geopolitico con cui Pechino sta riversando miliardi nei paesi che collegano la Cina all’Europa attraverso le vecchie rotte commerciali terrestri dell’antica via della seta. Secondo le fonti di Bloomberg, l’alternativa alla progetto cinese dovrebbe chiamarsi Clean Green Initiative e avrà una chiara impronta ambientalista. Il piano del G7 dovrebbe fornire un format per lo sviluppo sostenibile e la transizione verde nei paesi in via di sviluppo. A parte i dubbi sul nome, i dettagli sono ancora scarsi. Non è chiaro come verranno investite nuove risorse, né come e se questo piano si colleghi al progetto Blue Dot Network, un’altra iniziativa a guida statunitense che include alleati degli Usa nell’Indo-Pacifico come Australia e Giappone, e altri rivali della Cina che tramite fondi privati intendono intende offrire un’alternativa alternativa alle sirene finanziarie cinesi nel settore infrastrutturale. Lunedì si è tenuto il primo vertice tecnico.

La risposta di Pechino

Washington ha fatto sapere che il G7 appoggerà «standard elevati, trasparenti, rispettosi dell’ambiente e un meccanismo per gli investimenti nelle infrastrutture fisiche, digitali e sanitarie dei Paesi a basso e medio reddito». Il progetto «sarà un’alternativa a quello che altri paesi, inclusa la Cina, stanno offrendo». Il messaggio è inequivocabile e la risposta non si è fatta attendere. Il capo della diplomazia cinese Yang Jiechi ha chiamato il segretario di stato Usa Anthony Blinken, liquidando il G7 di Biden come «il luogo di uno pseudo multilateralismo sostenuto da piccoli circoli».

Per ora però non è chiaro dove e come dovrebbe focalizzarsi l’iniziativa del G7. Secondo le fonti, Germania, Francia e Italia spingono per nuove attività in Africa, gli Usa vogliono concentrarsi su America Latina e Asia, il Giappone chiede di concentrarsi nell’Indo-Pacifico. Supponendo che alla strategia non mancheranno denaro, struttura e un focus geografico, c’è il rischio che l’iniziativa riveli un malinteso fondamentale sullo scopo reale della Nuova via della Seta. Il piano cinese è stato approvato da più di 100 paesi e il suo immenso portafoglio di investimenti copre già gran parte del mondo in via di sviluppo, compresi molti paesi europei. 

Per la Cina, la Nuova via della Seta è uno strumento per incastrare paesi deboli nella trappola del debito, i progetti hanno prosperato meglio nei paesi più vulnerabili alla corruzione, dove l’obiettivo non era realizzare infrastrutture per lo sviluppo economico-strategico, ma cattedrali nel deserto che hanno offerto alla classe politica locale un’opportunità per arricchirsi. Se i paesi debitori o in via di sviluppo volessero più trasparenza e requisiti per finanziare progetti «puliti e verdi» rigorosi ed efficienti, chiederebbero denaro al Fondo monetario internazionale (IMF), alla Banca mondiale, o alla Banca europea per la ricostruzione o lo sviluppo (Bers). 

Il caso emblematico dell’autostrada in Montenegro

L’alternativa del G7 dovrebbe avere lo scopo di impedire che paesi più vulnerabili diventino preda della trappola del debito cinese attraverso progetti costosi e inutili, come l’autostrada verso il nulla costruita in Montenegro. L’infrastruttura è stata finanziata da Pechino con 1 miliardo di euro, e ha lasciato il piccolo paese balcanico con livelli insostenibili di debito verso la Cina. Secondo il contratto, in caso di insolvenza i cinesi potranno pretendere parte del territorio nazionale, come già accaduto in altre realtà. Si teme che Pechino abbia messo l’occhio sul porto di Bar.

Il nuovo governo montenegrino ha chiesto aiuto all’Ue, ma la risposta di Bruxelles è stata negativa: «L’Ue non paga i debiti degli altri», hanno detto i funzionari, nonostante il Montenegro sia un paese candidato a entrare nell’Unione e ci sia tutto l’interesse geopolitico di contenere la presenza cinese nella regione. Con il suo «America is back» Biden sta mettendo sul tavolo tutte le proprie carte, in patria come all’estero, inviando il messaggio – rivolto a Pechino ma non solo – che gli Usa non sono affatto in declino e che nella partita con gli sfidanti possono ancora contare su un connubio impareggiabile di risorse finanziarie, militari e diplomatiche. La domanda è se gli alleati europei saranno sulla stessa lunghezza d’onda anche quando dalle parole bisognerà passare ai fatti concreti.

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