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Ddl Zan, la trattativa su tre modifiche al testo per salvare la legge: l’ipotesi ‘sabotaggio’ con il voto segreto

25 Giugno 2021 - 09:08 Felice Florio
Nella segretezza del voto in Aula, sarebbero cinque i senatori Dem pronti a votare in dissenso con il partito. Con una decina di grillini e sette renziani contrari, il disegno di legge sarebbe bocciato

Il segretario del Partito democratico sta seguendo in prima persona la partita relativa al ddl Zan. Già, perché di una partita si tratta e, in quanto tale, merita una fine strategia per permettere alla proposta che porta il nome del deputato Dem di essere convertita in legge. Il tempo stringe, il semestre bianco inizierà alla fine di luglio e, da allora, le tensioni tra le forze politiche del governo Draghi si esacerberanno su ogni tema possibile, rischiando di far cadere un cono d’ombra sulla legge contro l’omolesbobitransfobia. Enrico Letta ne è consapevole, così come i vertici del Pd: per non cadere nelle trappole di palazzo, il partito mantiene la posizione ufficiale di far approvare il ddl così com’è. E la time table, nonostante il tavolo di trattativa aperto con il centrodestra, è serrata: il 6 luglio si dovrebbe votare per portare il testo in Aula, a Palazzo Madama, il 13 dello stesso mese. Una settimana per presentare gli emendamenti e poi, dal 20 luglio, il Pd sembrerebbe persino intenzionato ad accettare l’all-in del voto segreto, con il rischio di incappare nel fuoco amico dei franchi tiratori presenti nel centrosinistra.

Le tre modifiche al Ddl Zan per siglare un accordo

Lo schema dell’accordo che si cerca dietro le quinte, scrive La Stampa, dovrebbe essere il seguente: Pd, 5 stelle e Leu, le uniche forze dell’arco parlamentare che premono affinché il ddl Zan venga approvato così com’è, lasceranno presentare emendamenti migliorativi a Italia Viva, che a Montecitorio ha già votato a favore del testo, e ai senatori di Forza Italia, i più favorevoli del centrodestra alla legge. Gli emendamenti, secondo il piano, sarebbero presentati in commissione Affari istituzionali – per modificare le parti della legge che alcuni politici hanno rilevato essere rischiose per la libertà di espresssione – e in commissione Istruzione, per chiarire la non obbligatorietà della giornata di sensibilizzazione. La terza modifica sulla quale si sta imbastendo la trattativa, infine, prevederebbe l’eliminazione della categoria identità sessuale e l’introduzione di un più generico «discriminazioni sessuali».

I franchi tiratori si muovono nella segretezza del voto

Tutto per la certezza di avere, grazie ai voti di Italia Viva e dei senatori di Forza Italia in dissenso con il partito, la maggioranza, e cercare di presentarsi al voto segreto con qualche certezza in più. Perché, con ogni probabilità, sarà richiesta la segretezza durante la votazione, prevista dall’articolo 113 del regolamento Senato: «Sono inoltre effettuate a scrutinio segreto le deliberazioni che incidono sui rapporti civili ed etico-sociali di cui agli articoli». Rimane, però, il rischio concreto che i franchi tiratori di Pd, M5s e Iv affossino il ddl: la metà dei 17 senatori renziani non sono soddisfatti del testo attualmente depositato, tre senatori Dem ugualmente, mentre, nelle file dei grillini, il numero di rappresentanti che potrebbero voltare le spalle alla legge rischia di essere anche più ingente. Il Corriere, facendo una conta di contrari e dubbiosi, restituisce numeri ancora più complicati per l’approvazione del ddl così com’è, senza trattativa.

Il pallottoliere dei voti sul Ddl Zan

Se il tavolo dei capigruppo, convocato dal presidente della commissione Giustizia, Andrea Ostellari, il 30 giugno, dovesse risolversi in un nulla di fatto, si andrebbe allo showdown con il voto finale segreto. Dopo il 6 luglio, ovvero la votazione, non problematica per il Pd, sulla calendarizzazione del disegno di legge, il testo approderebbe in Aula. Il calcolo che fanno in via Solferino prevede una bocciatura della legga, con 151 voti a favore e 170 contrari. Nello schieramento del “no”, finirebbero cinque deputati Dem, tra cui i cattolici Stefano Collina e Mino Taricco. Il partito di Matteo Renzi vedrebbe 7 senatori schierarsi sulle posizioni del centrodestra. La nebulosa grillina, invece, annovererebbe tra i contrari una decina di senatori su 75. Non ci sono dubbi sui sei di Leu, al contrario degli esponenti del gruppo Misto: sarebbero in 16 i contrari, ai quali andrebbero aggiunti almeno due “no” delle Autonomie. Per arrivare ai 151 favorevoli, dal centrodestra si sposterebbero in favore del ddl 7 senatori su 51 di Forza Italia. Ma non sarebbero sufficienti per l’approvazione, in segreto, della legge.

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