L’appello di Ilaria Capua: «Fuga di un virus da laboratorio? Già successo, ora servono regole»

La virologa della dell’Università della Florida in un articolo sul CorSera: «Manipolazioni di laboratorio sempre più diffuse, serve dialogo tra scienza e istituzioni»

I virus creati e manipolati in laboratorio sono una certezza storica e del presente sulla quale «allungare la prospettiva perché bisogna ricordare che le tecniche di genetica sono sempre più diffuse e semplici da usare». Ilaria Capua traccia il quadro sulla gestione dei ceppi virali mantenuti nei laboratori di tutto il globo, anche occidentali, appellandosi a nuovo rapporto tra scienza, istituzioni e società e chiedendo più responsabilità sul controllo. «Le fughe di laboratorio di virus patogeni si sono verificate da quando esistono i laboratori», spiega la virologa dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera.


I precedenti

Partendo dalle ipotesi circa un’origine di laboratorio del Covid, Capua racconta i trascorsi che a partire dal Novecento hanno contraddistinto questa parte della storia delle scienze fatta di sviste ed errori. Come col vaiolo, ricomparso nel 1978 in Inghilterra, a dieci anni dalla sua eradicazione e ultima manifestazione in Somalia. In quell’occasione morì Janet Parker, fotografa biomedica che lavorava al piano inferiore a dove veniva conservato il virus. «Si suppose che il vaiolo fosse entrato dalle condotte, ma ciò non fu provato», racconta Capua, «Il direttore del laboratorio si suicidò». L’anno prima, nel 1977, in Russia fu la volta della cosiddetta “influenza russa”, «figlia di un virus manipolato in laboratorio per scopi vaccinali», mentre nel 2005, dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, in Georgia, si rischiò la pandemia con il virus intestinale H2n2.


L’appello della virologa

«Il rischio zero non esiste nemmeno in Occidente», scrive Capua, secondo la quale, «gli esperimenti di manipolazione fanno acquisire al virus alcune caratteristiche, come una maggiore trasmissibilità. La pericolosità di questi esperimenti è stata dibattuta nel 2012 dopo studi condotti sul virus dell’aviaria in Usa e Giappone e nei Paesi Bassi. Furono registrati», afferma Capua, «una serie di manipolazioni di virus virali altamente patogene: ci si chiese se questi studi non andassero sospesi poiché rischiosi per la salute pubblica». Secondo Capua, infatti, al netto dei rischi nei laboratori di tutto il mondo (in Italia ce ne sono 2 bio laboratori di massima sicurezza) occorre «valutare il bilancio costi-benefici con scienziati, società civile e istituzioni», scrive Capua. Che lancia l’appello: «In questo momento è necessario che ci si occupi di questo tema coinvolgendo nel dibattito non solo scienziati, ma un arcobaleno di prospettive che vanno dall’etica, al rischio bioterroristico, alla sacrosanta ricerca scientifica».

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