Un caffè al giorno toglie il Covid di torno? Cosa c’è dietro la bufala pubblicata dal Daily Mail

L’alimentazione non è determinante nel ridurre le probabilità di contagio

Il tabloid Daily Mail, già noto per la leggerezza con cui diffonde notizie discutibili online, riporta i risultati di uno studio apparso sulla rivista Nutrients, dove i ricercatori avrebbero scoperto che una tazza di caffè al giorno sarebbe sufficiente a prevenire le forme gravi dell’infezione dovuta al nuovo Coronavirus. La verdura darebbe risultati simili, ma non la frutta. Il paper si basa su quasi 40 mila cittadini britannici tra i 40 e 70 anni. Ovviamente si tratta di una sciocchezza. Tuttavia è interessante analizzare come è stata pubblicata e da chi.

Per chi ha fretta

  • Assumere caffeina, mangiare verdure o essere stati allattati al seno non costituisce una rilevante protezione contro SARS-CoV-2.
  • Lo studio lanciato dal Daily Mail è puramente correlativo e privo di controlli.
  • La rivista Nutrients fa parte della casa editrice MDPI, già colta nel pubblicare articoli discutibili.

Analisi

La casa editrice di Nutrients è la svizzera MDPI, la stessa che ci ha stupito recentemente con uno studio sulla presunta pericolosità delle mascherine coordinato dall’omeopata Harald Walach; quest’ultimo aveva pubblicato un precedente studio, su una rivista della stessa casa editrice, che è stato ritrattato, perché sosteneva la pericolosità dei vaccini anti-Covid, sulla base di mere segnalazioni non verificate. Nutrients, assieme alle altre pubblicazioni della MDPI, non figura ancora nella blacklist delle riviste predatorie.

I ricercatori suppongono che esista una associazione «specifica» con la suscettibilità alla Covid-19, pur ammettendo che questa «rimane poco chiara». Così da una bio-banca hanno estrapolato i dati relativi a 37.988 cittadini britannici tra 40 e 70 anni. Nelle conclusioni i ricercatori affermano che il consumo di caffè, di verdure o essere stati allattati al seno da bambini, sarebbero fattori associati favorevolmente all’incidenza della Covid-19.

Come è stato svolto lo studio

Le informazioni ricavate dalla bio-banca sono dati auto-prodotti tramite questionari e raccolti tra il 2006 e il 2010. I ricercatori hanno poi verificato chi tra le persone elencate avesse avuto un esisto RT-PCR positivo alla Covid-19 tra marzo e novembre 2020.

«I nostri risultati supportano l’ipotesi che i fattori nutrizionali possano influenzare aspetti distinti del sistema immunitario – concludono i ricercatori – quindi la suscettibilità alla Covid-19. Incoraggiare l’adesione a determinati comportamenti nutrizionali (ad esempio, aumentare l’assunzione di verdure e ridurre l’assunzione di carne lavorata) può essere uno strumento aggiuntivo alle linee guida esistenti sulla protezione da Covid-19 per limitare la diffusione di questo virus. Tuttavia, i nostri risultati necessitano conferma in altre popolazioni».

Conclusioni

Qual è il problema? Manca un controllo. I ricercatori avrebbero dovuto prendere un campione di persone trovate positive alla Covid-19 e risalire alle loro abitudini alimentari. Avrebbero così scoperto che partivano da una premessa errata. L’alimentazione è certamente fondamentale per la salute, ma questo è difficile che possa essere rilevante con le malattie dovute a infezioni virali, le quali dipendono dalla capacità di un virus di entrare in contatto con le cellule bersaglio. Anche la qualità della risposta immunitaria – se il fabbisogno alimentare di base viene garantito – difficilmente sarà determinata da quanto caffè beviamo o se non disdegniamo l’insalata.

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).

Leggi anche: