«Il virus è clinicamente inesistente anche oggi»: il secondo, tragico Zangrillo

Il primario del San Raffaele torna a pronosticare la fine dell’epidemia. La prima volta non andò benissimo

«Il mio compito di clinico è di interpretare la realtà. Il 31maggio 2020 dissi che il virus era clinicamente inesistente, perché nel mio ospedale da un mese non entrava un paziente da ricoverare per Covid. Oggi ripeterei esattamente la stessa cosa». Qualcuno diceva che la Storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia e la seconda come farsa. Alberto Zangrillo, prorettore e primario del San Raffaele, in un’intervista a La Stampa oggi torna a spiegare che il Coronavirus è clinicamente morto, anche se all’epoca quella dichiarazione – di cui poi si scusò – non portò molta fortuna nella Seconda Ondata della pandemia. «Nel mio reparto nell’ultima settimana sono arrivati undici contagiati di cui otto rimandati a casa e tre ricoverati per motivi non gravi. Nessuno vuole disconoscere la pandemia, ma ci sono anche altri malati di cui non bisogna dimenticarsi», sostiene oggi come allora.


E il dottore con il paziente più famoso d’Italia (Silvio Berlusconi) si schiera anche contro l’obbligo per gli operatori sanitari: «Non sono d’accordo, penso si debba percorrere con forza il criterio dell’informazione corretta e qualora ci si trovi di fronte a persone ostinate è doveroso che vengano presi dei provvedimenti a tutela dei pazienti. Non sono per l’obbligo, perché come dimostra un articolo uscito su Nature è difficile andare oltre l’80 per cento di vaccinati e la restante parte non si convincerà né con l’insistenza né con la forza». A Zangrillo sembra «una cavolata» il Green Pass nei ristoranti dopo una dose. Anzi, non lo convince proprio il certificato: «No, per me il buon senso e il rispetto valgono più di ogni attestato. Inoltre, mi pare sconveniente caricare della responsabilità dei controlli i gestori delle varie attività».


Ma soprattutto dice basta agli allarmismi: «Sì, hanno portato solo a un clima negativo. Ricordo all’inizio della pandemia, quando alle 18 la Protezione civile snocciolava numeri veri, ma che ripetuti ogni giorno drammatizzavano la situazione. Spaventare le persone non è mai educativo». E questo perché «non c’è correlazione tra ciò che viene comunicato e quello che accade. Le previsioni, per esempio, sono sempre negative e scoraggiano la popolazione». La prima volta non andò benissimo. Speriamo che la seconda non vada fantozzianamente peggio. Anzi, vadi.

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