«Spesso, in questi giorni si è detto che i procedimenti di mafia e terrorismo andranno in fumo. Non è così, perché i procedimenti che sono puniti con l’ergastolo, e spesso lo sono quelli per mafia, non sono soggetti ai termini dell’improcedibilità. E per i reati più gravi si prevede, in ogni caso, una possibilità di proroga». A dirlo è la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, durante il question time alla Camera, rispondendo ai dubbi sugli effetti legati all’inserimento dell’improcedibilità nei processi penali, con riferimento alla durata massima del giudizio in sede di Corte d’Appello. Il nodo sulla durata dei processi e sul possibile pericolo che la riforma della Giustizia avrebbe fatto cadere in prescrizione i reati di mafia era stato sollevato dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.
I timori di Gratteri
Gratteri, in un’intervista a Domani, ha detto: «È una riforma che non serve alla sicurezza dei cittadini italiani, non serve a dare giustizia alle parti offese, a coloro i quali hanno subìto vessazioni da parte di mafiosi o criminalità comune. Una riforma che è una tagliola. Premia tutti quelli che sono imputati in un processo. Da questo momento in poi, l’imputato farà di tutto perché il processo non si celebri e si arrivi al fatidico traguardo dei due anni in appello (3 per i reati più gravi, ndr), o dell’anno in Cassazione (al massimo 18 mesi). Considerando che mediamente in appello ci vogliano tre anni e mezzo per concludere un processo di secondo grado, vuol dire che quasi la metà dei processi verrà ghigliottinato».
Foto in copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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