Eletto nel 2000 pallavolista del secolo insieme all'azzurro Lorenzo Bernardi, il giocatore statunitense ha firmato un'altra grande pagina della sua carriera sportiva
Negli anni ’80 l’ha plasmata, cambiata, riformata. E ora dopo l’ennesimo oro olimpico, Karch Kiraly ha compiuto nella pallavolo qualcosa che va oltre l’impresa. L’allenatore americano ha vinto l’oro a Tokyo 2020 con la nazionale di volley femminile, battendo in finale con un secco 3-0 le campionesse in carica del Brasile. Il coach della squadra americana ha compiuto uno slam senza eguali. Già oro da giocatore indoor alle olimpiadi di Los Angeles (1984) e Seul (1988), Kiraly nel 1996 ad Atlanta è andato a prendersi anche il primo posto nel torneo di Beach Volley. Nel 2000 era stato eletto insieme all’azzurro Lorenzo Bernardi, giocatore di pallavolo del secolo, lui che la pallavolo l’aveva cambiata, perfezionando il gesto del bager e costruendo un gioco in cui a fare la differenza è soprattutto la difesa. Come coach della nazionale aveva vinto un mondiale di pallavolo nel 2014. E in bacheca mancava solo una cosa: l’oro da allenatore.
«Da oggi il Green pass limiterà illegalmente le nostre libertà» scrive il senatore Gianluigi Paragone in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook per presentare il Manuale di resistenza e resilienza per le guerriere e i guerrieri della libertà. Il Vademecum Green pass, titolo del manualetto elaborato dal gruppo “Avvocati Ultima Linea” del movimento ItalExit, è composto da sei articoli e si incentra sulla vaccinazione anti Covid19, ma che risulta inefficace per autorizzare l’accesso nei locali al cittadino sprovvisto della certificazione verde. Non solo! Come abbiamo ricordato in un precedente articolo, certe pratiche potrebbero indurre in errore sia il cittadino che l’esercente mettendoli di fronte all’eventuale pena pecuniaria in caso di riscontrata violazione dei regolamenti.
Nulla da eccepire in merito ai primi due punti del manuale, i quali invitano il cittadino a consultare il decreto legge del 23 luglio 2021 per controllare se un locale e il verificatore siano titolati a fare richiesta del Green pass per potervi accedere. Andando avanti, il terzo punto sottolinea il divieto da parte dei verificatori di accertarsi dello stato di salute e informazioni personali del cittadino, ricordando che questi sono tenuti a riscontrare la validità del Green pass attraverso l’apposita App VerificaC19. Insomma, il Vademecum conferma un fatto inoppugnabile: la richiesta e il relativo controllo della certificazione verde non diffonde in alcun modo informazioni ritenute sensibili.
La richiesta di un documento d’identità
Arriviamo al punto dolente, ossia il numero quattro che riportiamo integralmente (maiuscole incluse) nella sua formulazione originale: «A meno che non si tratti di un Pubblico Ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni NON è consentito richiedere alcun documento di riconoscimento». Un’informazione falsa, come avevamo spiegato in un precedente articolo riguardante un’inutile e dannosa denuncia, che poteva condurre in errore un contestatore nel momento in cui il verificatore richiedesse un documento d’identità per confermare la titolarità del Green pass.
Come anticipato, quella che abbiamo riportato in questo articolo era la formulazione originale del punto quattro del manuale. Nell’attuale post Facebook del senatore Paragone, infatti, risulta sostituita con la seguente: «Verifica se (ad eccezioni dei pubblici ufficiali) il richiedente il Green pass sia stato delegato con atto formale ai sensi dell’art.13 DPCM 17/06/2021». Cliccando nel menu in alto a destra del post Facebook (come spiegato nell’immagine sopra riportata) potete accedere alla cronologia delle modifiche per riscontrare non soltanto la modifica del punto quattro, ma anche la rimozione delle immagini allegate successivamente sostituite con l’opportuna revisione. In alcuni siti e pagine social del movimento ItalExit risultano, nonostante l’attenzione posta dal senatore nella sua pagina Facebook, diverse pubblicazioni contenenti la notizia falsa inizialmente diffusa.
Azioni legali contro i verificatori
Confermata la possibilità da parte del verificatore di poter richiedere un documento di identità per riscontrare la titolarità di un Green pass valido, passiamo al quinto punto del manuale dove si invita ad informare il verificatore del Green pass che il rispetto delle norme che gli danno questa titolarità non lo esime da «eventuali azioni penali o civili».
Un messaggio che potrebbe essere interpretato inteso in questo modo da parte di chi contesta il Green pass: «Se tu mi chiedi il Green pass posso denunciarti». L’invito a non rispettare le normative viene ripetuto anche nel punto sei.
Costituzionalità del Green pass
Il punto cinque viene sostenuto dagli autori del manuale citando quattro articoli della Costituzione italiana, senza citare una presunta incostituzionalità nel manuale. Citando l’articolo 3 si potrebbe intendere che il Green pass discrimini i vaccinati dai non vaccinati, così come i No Vax sostengono che l’obbligatorietà vaccinale violi la libertà di scelta, ma di fatto è proprio la stessa Costituzione che permette di porre dei limiti a chi non si vaccina in quanto prevale l’interesse della collettività.
L’articolo 16, citato nel manuale, garantisce ad ogni cittadino di circolare in qualsiasi parte del territorio nazionale, ma presenta una clausola richiamabile proprio vista la necessità di proteggere la salute pubblica: «salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza».
L’articolo 13 parla dell’inviolabilità della libertà personale, ma contiene una clausola: «se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge».
L’articolo 32, infine, viene spesso tirato in ballo per sostenere l’incostituzionalità dell’obbligatorietà vaccinale in quanto una persona non dovrebbe essere obbligato a un trattamento sanitario, ma lo stesso riporta una clausola: «se non per disposizione di legge».
La Risoluzione del Consiglio d’Europa
Il manuale, per sostenere il punto cinque dove si vorrebbe far intendere al verificatore del Green pass il rischio di eventuali azioni legali nel caso rispettasse il decreto varato dal Governo Draghi, cita la Risoluzione 2361/2021 del Consiglio d’Europa dove si vieterebbe «agli Stati membri di rendere obbligatoria, anche indirettamente, la vaccinazione».
Oltre a ricordare che il Consiglio d’Europa è un organo estraneo dell’Unione europea, tale risoluzione non risulta essere vincolante. Ricordiamo, ancora una volta, che la vaccinazione è soltanto uno dei modi per ottenere il Green pass in Italia.
Il Regolamento UE 953/2021
Il manuale proposto dal movimento ItalExit, che nel proprio manifesto si dichiara «il partito di chi vuole liberare il nostro Paese dalla gabbia dell’Unione europea e della moneta unica», sostiene che sia presente una violazione dell’articolo 36 del Regolamento 953/2021 dell’Unione europea. C’è un problema, e cioè che tale regolamento è composto da soli 16 articoli.
Da dove viene quel presunto articolo 36? Un errore di battitura? No! Si tratta di uno dei 64 punti che sono stati considerati per la formulazione dei 16 articoli del Regolamento. Ecco il punto 36 citato nel manuale:
È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate.
Ciò che non viene citato è il seguito del punto 36:
Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.
Di fatto, la vaccinazione non è il requisito preliminare utile per ottenere il Green pass.
Infine, al punto 6 di questa lunga serie introduttiva di considerazioni leggiamo (per intero):
In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica. Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475. È necessario che tali limitazioni siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione. Tutte le misure adottate dovrebbero pertanto essere strettamente limitate nella portata e nel tempo, in linea con gli sforzi volti a ripristinare la libera circolazione all’interno dell’Unione, e non dovrebbero andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica. Tali misure dovrebbero inoltre essere coerenti con le misure adottate dall’Unione per garantire la circolazione libera e ininterrotta delle merci e dei servizi essenziali nel mercato interno, compresa la libera circolazione di forniture mediche e personale medico e sanitario, attraverso i valichi di frontiera di tipo «corsia verde» (green lane) di cui alla comunicazione della Commissione del 23 marzo 2020 sull’attuazione delle corsie verdi previste dagli orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali.
Il Garante della Privacy
Come per il punto quattro, anche il punto sei riscontra una modifica corposa. Ecco la prima versione del testo proposto nel manuale: «Informa il richiedente che il garante della Privacy è più volte intervenuto criticando aspramente la normativa sul Green pass, e che pertanto, anche in relazione a tale aspetto egli NON è obbligato/a a richiedere l’esibizione di alcun Green pass».
Lo stesso Garante della Privacy aveva dato il via libera, come riportato nel comunicato stampa del 10 giugno 2021: «Il Garante per la protezione dei dati personali, all’esito di lunghe e proficue interlocuzioni con il Ministero della salute, ha dato parere favorevole sullo schema di decreto attuativo, che attiva la Piattaforma nazionale-DGC per il rilascio del Green pass, prevedendo adeguate garanzie per l’utilizzo delle certificazioni verdi». Ricordiamo che attraverso l’App VerificaC19 non si riscontra se il possessore del Green pass sia stato vaccinato, se si sia ammalato e poi guarito di Covid-19 o del risultato positivo o negativo di un test Covid-19.
Nel testo attuale scompare del tutto il riferimento al Garante della Privacy: «Invita il richiedente a desistere dalla sua richiesta ed a DISAPPLICARE la normativa interna sul GREEN PASS, sotto ordinata e dunque soccombente rispetto a quella comunitaria, pena l’esposizione ad azioni legali con richiesta di risarcimento danni».
Conclusioni
Mettendo da parte le continue modifiche, dove i responsabili di ItalExit prima diffondono narrative scorrette sul Green pass per poi apportare delle adeguate “correzioni” al manuale, non risulta che tale “Vademecum” possa agevolare l’accesso di una persona priva del Green pass presso una delle attività previste dal decreto del 23 luglio 2021. Al contrario, il rischio delle indicazioni proposte è quello di creare un conflitto immotivato tra clienti ed esercenti, ponendo questi ultimi in una condizione di continua accusa di violazione delle norme e un tentativo nel dissuaderlo dal rispettarle, rischiando pene pecuniarie (che valgono anche per il cliente) e la chiusura del locale.