Tokyo 2020, il bronzo di Martina Centofanti. Il padre fu terzino in Serie A: «Grazie a lei mi sono disintossicato dal calcio»

Felice Centofanti giocò anche nell’Inter di Hodgson. Nel 2019 dichiarò di aver capito grazie alla carriera della figlia il vero spirito di sacrificio: «Si vede negli sport considerati “minori”, altro che il calcio»

La storia dei Giochi olimpici è anche una storia di generazioni, di padre, madri, figli e figlie. Di un filo che non si è mai spezzato. Di conquiste e imprese che passano da un’era all’altra. Javale McGee ha vinto un oro con la nazionale di Basket Usa, diventando così il primo atleta di sempre a formare la prima coppia madre-figlio a vincere un oro olimpico. La madre Pamela McGee, anche lei cestista, vinse le olimpiadi di Los Angeles 1984. Una passione, quella per lo sport, che lega anche se in modo diverso la strada di Martina Centofanti a quella del padre. L’azzurra della nazionale di ginnastica ritmica ha conquistato il bronzo nella finale a squadre. In famiglia lo sport è di casa. Lo è tramite il padre, Felice Centofanti, terzino della Serie A, e iconico calciatore dei campionati di calcio degli anni ’90. Lui, con quei sui capelli lunghi, scompigliati, e un pizzetto alla D’Artagnan era un numero nove fuori dagli schemi. Certo distante dai luccichii dei body da ginnastica, delle movenze eleganti, raffinate, le spaccate, e le acrobazie della figlia fuoriclasse della ginnastica ritmica.


Centofanti aveva iniziato la sua carriera al Verona di Bagnoli, ma non quello dello scudetto. Il 17enne era arrivato nel 1987, due anni dopo l’impresa gialloblu per poi passare in C2 alla Jesina, poi in Serie B al Barletta, e poi la grande possibilità all’Ancona. Sarà con la maglia della squadra marchigiana che Centofanti segnerà il suo unico gol in Serie A. E lo farà contro una Juventus che in campo aveva uno di nome di Roberto Baggio. Centofanti, amato da tutti i tifosi, che per lui conieranno diversi cori, tra cui il famoso «Uno, dieci, 100fanti». Numero 9 atipico, anche nell’Inter di Roberto Carlos, Centofanti, dopo aver chiuso con il mondo del calcio nel 2005, se ne è poi distaccato completamente. E il merito, dice lui, va anche alla figlia, ora campionessa olimpica. «Ho mia figlia che è in nazionale di ginnastica ritmica. Grazie al suo sport mi sono disintossicato (dal calcio, ndr) anche perché non è più il calcio romantico che piaceva a me. Faccio davvero fatica a seguirlo». In un’intervista a Oggi aveva poi dichiarato proprio sugli sforzi e sulla carriera della figlia: «Il vero spirito di sacrificio si vede negli sport considerati “minori”, altro che il calcio».


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