Eitan Biran rapito dal nonno e portato in Israele, il giallo del passaporto e dell’aereo privato

Il bimbo unico sopravvissuto della Strage del Mottarone è stato prelevato dal nonno materno: «Il bambino è tornato a casa». I pm indagano per sequestro di persona

Eitan Biran è il bambino israeliano di 6 anni unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone, il 23 maggio scorso, in cui persero la vita 14 persone tra cui i genitori, il fratellino e i bisnonni. Eitan era stato affidato alla zia paterna Aya Biran, medico 41enne che vive a Travacò (Pavia) con il marito Or Nirko e due figlie che frequentano la sua stessa scuola. Ma la famiglia della madre, che vive in Israele, ne aveva reclamato in più occasioni l’affidamento. Ieri mattina il nonno materno Shmulik Peleg è andato a trovare il bambino e l’ha prelevato dalla famiglia affidataria. Doveva riportarlo a casa alle 18,30, ma si è dileguato e ha interrotto i contatti. Aya Biran ha presentato una denuncia alla polizia italiana dopo aver ricevuto un messaggio dal nonno con scritto: «Il bambino è tornato a casa», intendendo Israele. I pm di Pavia indagano per sequestro di persona.


La storia di Eitan Biran

Il Corriere della Sera scrive che i primi accertamenti della Polizia di Pavia, coordinati dal procuratore facente funzioni Mario Venditti e dal sostituto Roberto Valli, hanno concluso che nonno e nipote si erano imbarcati su un volo privato a bordo del quale il bambino è potuto salire perché – non si sa come – Peleg era in possesso del passaporto del piccolo, che ha permesso l’espatrio. Amos Dor, amico intimo di Aya Biran, la zia di Eitan ha raccontato in tv: «Questa mattina il nonno è venuto a trovare Eitan, una visita concordata e organizzata in anticipo. Il nonno avrebbe dovuto riportare Eitan ad Aya intorno alle 18:30, cosa che non è avvenuta. E ora il nonno ha interrotto i contatti con Aya». La notizia, diffusa anche dall’emittente israeliana N12, ha trovato conferma in serata da parte dei legali della zia: «Siamo di fronte a un sequestro di persona», ha detto all’agenzia di stampa AGI l’avvocato Armando Simbari. Una preoccupazione legata al fatto che il bambino «è stato strappato alle cure psicologiche e terapeutiche a cui era sottoposto, alla famiglia con cui vive da quando è successa la tragedia e quindi c’è la preoccupazione che possa subire un nuovo trauma».


Esattamente un mese fa i familiari israeliani di Eitan Biran, il bambino unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone del 23 maggio, e ora rapito dal nonno e portato in Israele, accusavano: «È trattenuto in ostaggio dalla zia alla quale è stato affidato. Da allora hanno preso il controllo del suo corpo, della sua mente e della sua anima proprio per tenerlo in Italia». La denuncia era arrivata da una conferenza stampa in Israele, durante la quale era intervenuto Ronen Dlayahu, legale di Gali – la sorella della defunta madre di Eitan – e del marito Ron Perri, che vorrebbero adottare il piccolo orfano e riportarlo nel suo Paese di origine. Oltre a denunciare il fatto che Eitan Biran fosse a suo dire trattenuto in ostaggio, la zia materna aveva lanciato un duro J’accuse ai parenti stabiliti in Italia.

Il rapimento del bimbo

Repubblica scrive che proprio a seguito dell’episodio di agosto il giudice tutelare aveva allertato le autorità doganali e aeroportuali, temendo proprio lo scenario che si è concretizzato ieri. Il nonno materno, che ha alle spalle una lunga carriera nella compagnia di bandiera israeliana Elal, non risulta raggiungibile, così come al momento tutta la famiglia del piccolo in Israele. Secondo i Peleg la famiglia di Eitan stava programmando di tornare a vivere in Israele una volta che Amit, il padre del bambino, avesse completato gli studi di medicina, e su questa base hanno avviato una procedura per ottenere l’adozione. «Io me lo sentivo dall’inizio che quella famiglia avrebbe fatto qualcosa di sporco per aggirare la legge italiana. Ma arrivare al punto di organizzare un sequestro vero… Che posso dire? Siamo disperati», dice oggi lo zio Or Nirko al Corriere della Sera. «Purtroppo i Peleg avevano in custodia il passaporto israeliano di Eitan. Noi lo abbiamo chiesto indietro. Il giudice tutelare ha anche fissato una data, il 30 agosto, come limite massimo per la consegna. Ma non ce lo hanno dato e così, visto che nonostante le nostre richieste, ai nonni materni non era stato revocato il diritto di visita, è andata come è andata».

Leggi anche: