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Eitan, la smentita della famiglia da Israele: «Sta bene». L’avvocato del nonno: «Decida il bambino dove vivere»

14 Settembre 2021 - 12:25 Giovanni Ruggiero
eitan biran rapito nonno
eitan biran rapito nonno
Continua lo scambio di accuse tra i famigliari del bambino sopravvissuto alla strade del Mottarone. Alle ultime gravissime da parte dei famigliari in Italia ha risposto il ramo della famiglia che ora lo ha con sé in Israele

Secondo la famiglia materna del piccolo Eitan, il bambino: «sta bene». Da Israele arriva la netta smentita alle accuse che nelle ultime ore sono partite dai famigliari in Italia del bambini di 6 anni rapito dal nonno materno con un volo privato che lo ha portato dall’Italia a Tel Aviv. Poche parole da Israele per rispondere ai diversi attacchi tra famigliari. Alla smentita si aggiunge l’intervento dell’avvocata Sara Carsaniga, una dei legali della famiglia materna, che ha insistito perché sia chiesto: «a Eitan dove vuole vivere – nell’ambito del processo sull’affidamento – attraverso l’ascolto e la verifica delle reali condizioni del minore». L’avvocata spera che venga affidata: «una consulenza tecnica d’ufficio e quindi in contraddittorio tra le parti», richiesta che per il momento: «è stata rigettata».

Le accuse tra i famigliari

L’ultima accusa era stata lanciata dallo zia paterna dell’unico sopravvissuto alla strage del Mottarone, secondo la quale la famiglia Peleg tratteneva il bambino: «come i soldati dell’esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas». Da ieri la procura di Pavia ha deciso di indagare per rapimento il nonno del bambino. Un blitz a cui avrebbero potuto partecipare altri parenti, come la moglie Ester Cohen, anche lei indagata a Pavia. La donna aveva puntato il dito contro la famiglia che ospitava il bambino in Italia. In un’intervista alla radio israeliana 103 aveva detto a proposito della salute di Eitan: «Le sue condizioni sono pessime e finalmente, dopo quattro mesi, i medici vedranno che cosa gli è accaduto. In questo tempo non ha visto alcun medico a parte sua zia Aya in Italia, che però si occupa di detenuti. Per quattro mesi hanno impedito a me e a Shmuel (il nonno, ndr) di consultaci con medici e psicologi».

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