Da metà ottobre Green pass anche in Parlamento, sale la tensione: cosa rischia chi non ce l’ha – Il video

Sospensione della diaria fino a 15 giorni per chi si rifiuta di esibire il certificato o prova ad aggirare i controlli con un qr code contraffatto

Il decreto del governo che estende – a partire dal 15 ottobre – l’obbligo del Green pass anche alla Camera e al Senato sta causando malumori tra i parlamentari contrari alla misura del certificato digitale. Alcuni dei quali, poi, minacciano proteste vigorose: «Non solo non esibirò alcun Green pass per entrare in parlamento. Forzerò ogni blocco e se mi dovessero mettere le mani addosso, li denuncerò alla procura», ha affermato Gianluigi Paragone, ex senatore M5s, passato al Misto e candidatosi a Milano con la sua lista Italexit. Claudio Borghi, della Lega, vorrebbe ricorrere alla Consulta. «Sono contrario all’estensione dell’obbligo di Green pass per accedere in Parlamento. Intendo aspettare che il provvedimento arrivi in Aula e lì posso adire la Corte costituzionale». Gli ex grillini che, durante la precedente crisi di governo si sono sfilati dal Movimento per costituire il gruppo L’alternativa c’è, hanno inscenato una protesta davanti a Montecitorio: i parlamentari hanno strappato simbolicamente uno striscione con un qr code, un enorme Green pass simbolico. «Non è accettabile questo obbligo vaccinale surrettizio. Si sta facendo una violenza contro i cittadini», ha detto la deputata Emanuela Corda.


La ratifica alla Camera

A Montecitorio i giochi sono fatti: Green pass per tutti i deputati. È stato deciso nel pomeriggio dai capigruppo della Camera e in serata è arrivato il via libera unanime dell’Ufficio di presidenza di Montecitorio alla delibera che introduce l’obbligo, a partire dal 15 ottobre e fino al 31 dicembre. L’accesso alle sedi di Montecitorio è dunque subordinato all’esibizione del certificato verde per ogni categoria: deputati, dipendenti della Camera e dei Gruppi parlamentari, collaboratori dei deputati, giornalisti, dipendenti delle imprese appaltatrici e, naturalmente, per i rappresentanti del Governo, i senatori e gli ex parlamentari. La riunione di metà giornata è servita anche a chiarire che il costo dei tamponi per i deputati è a carico del Fondo di solidarietà alimentato dai loro stessi contributi. «C’è un principio che rivendico dal primo momento in cui sono stato eletto Presidente della Camera – ha commentato Roberto Fico – quello che vale per i cittadini vale allo stesso modo per i deputati. Non c’è stato e non ci sarà spazio per nessun trattamento privilegiato». Arriverà probabilmente nei prossimi giorni l’adozione del provvedimento anche in Senato.


Le sanzioni

Ma cosa succederà a quei parlamentari che disattenderanno l’obbligo? L’intenzione sembra quella di impedire l’accesso a ogni luogo dei palazzi – non solo all’Aula – a chi è sprovvisto di certificazione. Il rischio è che gli assistenti parlamentari siano costretti a bloccare l’ingresso ai palazzi ai renitenti al Green pass e che qualche deputato o senatore, impossibilitato a svolgere il suo ruolo rappresentativo, possa denunciare chi lo trattiene all’esterno. I processi, per la specificità della funzione parlamentare, potrebbero essere lunghi e onerosi per chi ne resta coinvolto. Con le telecamere assiepate quotidianamente fuori dai palazzi romani, poi, è verosimile che qualche politico faccia sceneggiate che contribuiscano ad alimentare il clima di tensione nel Paese.

Le possibili proteste

I collegi dei questori delle due Camere sono al lavoro da giorni per capire come gestire il probabile caos agli ingressi. Si fa anche strada l’ipotesi di far defluire all’interno di Montecitorio e Palazzo Madama i parlamentari, così da evitare che senatori e deputati possano ricorrere per aver visto offese le proprie prerogative costituzionali. In questo caso, si aspetterebbe una verifica del Green pass all’interno e solo in seguito si procederebbe all’allontanamento dall’edificio per violazione delle regole. E partirebbe una sospensione dai lavori parlamentari fino a 15 giorni e perdita della diaria. Il caso di Vittorio Sgarbi, più volte espulso dall’Aula per la sua reticenza a indossare la mascherina, costituisce l’unico precedente recente di inosservanza reiterata delle norme all’interno del parlamento.

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