I virologi in rivolta sul freno in tv: «Ci vogliono tappare la bocca». La provocazione: «Regole anche per i politici che parlano di virus»

L’ordine del giorno votato alla Camera e accolto dal governo su possibili regole per la partecipazione degli scienziati in tv ha scatenato le proteste dei volti più noti tra gli scienziati. Ma se ci devono essere regole, dice Pregliasco, che valgano per tutti

C’è chi ha gridato alla censura, ha evocato addirittura il fascismo e chi più semplicemente l’ha bollata come una stupidaggine. I virologi sono sul piede di guerra dopo l’approvazione alla Camera, recepita dal governo, su un ordine del giorno che impegna l’esecutivo a regolamentare la partecipazione degli scienziati alla trasmissioni televisive, oltre che a interviste con giornali e radio, con regole potenzialmente più stringenti. Tra i più inviperiti c’è Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, che è subito partito al contrattacco impugnando i diritti costituzionali: «Non si può mettere il bavaglio a medici e professori universitari che parlano di come si evolve una malattia infettiva come il Covid perché, fino a prova contraria, siamo in uno stato democratico. Limitare la libertà di parlare sarebbe gravissimo, scandaloso, questo è fascismo. Sarebbe una norma che rasenta la stupidità, il ridicolo». Gli fa eco Massimo Galli, pensionando primario dell’ospedale Sacco di Milano e punto di riferimento come tanti suoi colleghi per milioni di telespettatori sin dall’inizio della pandemia di Coronavirus: «Certo ci sono persone che dicono assolute sciocchezze, altri che dicono e poi disdicono, e ci sono anche professionisti che spiegano le cose come stanno. Ma in questo caso siamo al grottesco: impedire ai medici di esprimersi è come dire che un avvocato non può discutere di argomenti giuridici in tv e sui giornali o un ingegnere di argomenti tecnici».


In tv se autorizzati

Dietro il polverone in realtà non c’è altro che un ordine del giorno della Camera, cioè un impegno che il governo ha raccolto che non ha scadenze per essere applicato né chissà quali conseguenze nel caso in cui fosse disatteso. A chiederlo è stato il deputato Giorgio Trizzino, laureato in medicina ed eletto con il M5s nel 2018, per poi passare al gruppo Misto lo scorso marzo. Il testo che lo vede come primo firmatario prevede che i virologi parlino della gestione della pandemia con i media previa autorizzazione del responsabile della struttura in cui lavorano, che lavorino nel pubblico o nel privato. L’intenzione tutto sommato condivisibile di Trizzoni è di: «evitare di diffondere notizie o informazioni lesive per il Sistema sanitario nazionale e perciò per la salute dei cittadini». Dietro le buone intenzioni dichiarate però, Bassetti vede più un modo per favorire chi quelle bufale le diffonde: «Credo che abbiano paura del nostro pensiero – ha rincarato l’infettivologo – ci vogliono tappare la bocca perché siamo più convincenti della fuffa dei No vax». L’idea del deputato però una piccola sponda riesce a trovarla con Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario del Galeazzi di Milano, che a sua volta tira in ballo gli stessi politici che vanno in tv a straparlare di virus. Pregliasco immagina: «una Carta che contenga modalità e principi per la divulgazione di notizie scientifiche. Una Carta che valga anche per politici, giornalisti, avvocati, cosiddetti esperti, tutti coloro che intervengono sui media». Una proposta, in parte una provocazione, che però apre nuovi interrogativi: «Ma poi – aggiunge il medico – non si sa chi è che dovrebbe controllare».


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