Eitan per ora resta in Israele, accordo tra le famiglie: silenzio stampa fino all’8 ottobre. Il tempo con lui diviso a metà tra zia e nonno

Dopo le accuse di rapimento contro i nonni materni, si è aperto in Israele il procedimento per l’affidamento del piccolo di 5 anni, unico sopravvissuto alla strage del Mottarone. Resterà nel Paese almeno fino alla prossima udienza dell’8 ottobre

C’è una prima intesa tra le famiglie Biran e Peleg per prendersi cura di Eitan da oggi all’8 ottobre. Lo hanno annunciato gli stessi legali ramo materno al termine della prima udienza al tribunale di Tel Aviv per l’affidamento del bambino di 5 anni, unico sopravvissuto alla strage del Mottarone, in cui ha perso anche i genitori. Il giudice della corte israeliana ha stabilito la ripresa delle udienze a partire dal prossimo 8 ottobre. Il prossimo dibattimento durerà 3 giorni consecutivi. In questo lasso di tempo le famiglie, apparse provate all’interno dell’aula, hanno chiesto il totale silenzio stampa per proteggere il bambino. L’accordo tra le famiglie arriva per tutelare «la privacy del bambino», fanno sapere gli avvocati, «che in questo momento ha bisogno di tranquillità». Allo stato attuale, quindi, Eitan resta in Israele, almeno fino alla ripresa delle udienze. Il bambino trascorrerà metà del tempo con i nonni e l’altra metà con la zia, a intervalli di tre giorni.


Anche la zia Aya in aula

«Voglio vedere Eitan a casa», afferma Aya Biran, zia materna del piccolo e tutrice legale, presente in aula insieme al marito Or dalle ore 8 italiane, quando i giudici si sono riuniti in aula per iniziare a porte chiuse la sessione. «Sono fiducioso nel sistema giudiziario israeliano come in quello italiano», aveva detto lo zio paterno Or a Qn . «All’inizio», ha proseguito il parente, «Eitan credeva di essere in vacanza, ma adesso capisce che le cose non vanno bene. Ci aspettiamo che i giudici facciano il loro lavoro, che si concentrino sulla convenzione dell’Aja e facciano rapidamente. Ogni minuto che il bimbo è nella mani di questa famiglia è in pericolo». Il riferimento di Or è ai nonni e zii materni, i Peleg, che hanno incontrato i loro avvocati per decidere quale strategia adottare in aula.


Proprio a questi parenti sono rivolte alcune dichiarazioni di Or, che parla delle dichiarazioni rilasciate dalla nonna del piccolo, Ester Peleg, che si era lamentata di non aver potuto vedere il nipote in Italia. «Ha deciso lei di vederlo ogni 40 giorni dopo la tragedia», spiega Or, «poteva fare come Shmuel (il nonno materno, ndr) che veniva tre volte a settimana. E lui ha fatto ricorso per avere la tutela del bambino», ha continuato l’uomo al quotidiano. Le parole di Or smuovono i delicati rapporti tra i due rami familiari. E arriva pronta la risposta di uno zio materno, Guy Peleg, che difende la posizione dei suoi parenti. «Ho saputo dell’atterraggio di Eitan in Israele due ore prima», ammette lo stesso Guy, «ma non si dica che è stato rapito, qui Eitan è a casa e felice».

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