Laura Ziliani, le figlie Silvia e Paola Zani arrestate per l’omicidio della madre: «Le hanno dato benzodiazepine»

Silvia e Paola Zani nel mirino dei magistrati. Custodia cautelare in carcere anche per Mirto Milani, il fidanzato della maggiore

Svolta nelle indagini sul caso di Laura Ziliani, scomparsa da Temù in provincia di Brescia nella mattinata dell’8 maggio 2021. I carabinieri del Comando Provinciale di Brescia hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Brescia, nei confronti delle due figlie di 26 e 19 anni e del fidanzato della sorella maggiore. Silvia e Paola Zani, 27 e 19 anni, e Mirto Milani, residente quest’ultimo in provincia di Lecco, sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Brescia. Le indagini, avviate dai militari della Compagnia di Breno (Bs), parallelamente alle ricerche, hanno evidenziato numerose anomalie nel racconto fornito dai tre arrestati. I quali avrebbero ucciso la donna per appropriarsi del suo patrimonio. L’autopsia ha rilevato lesioni interne e l’esame tossicologico ha mostrato la presenza di benzodiazepine nel corpo della vigilessa. Secondo l’ordinanza le figlie hanno tentato di avvelenarla con una tisana.


L’ordinanza

Nell’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Brescia si legge che «L’intercettazione e l’analisi delle celle agganciate dagli apparecchi mobili dei tre indagati dimostrava come anche in occasione del terzo ritrovamento di un capo di vestiario asseritamente indossato da Ziliani Laura il giorno della sparizione il gruppo formato dalle sorelle Zani e da Mirto Milani, benché di stanza a Brescia, risultasse trovarsi a Temù in luogo e orario della giornata assai prossimi al ritrovamento del reperto». «Inoltre, la conversazione ambientale sopra richiamata documentava l’interessamento dei tre indagati al luogo del ritrovamento del capo di abbigliamento (j’nel Fiumeclo’j nonché la loro circospezione sia nel parlare che nel farsi vedere l’uno in compagnia delle altre. Ciò posto, il capo di vestiario veniva poi riconosciuto da Zani Silvia e da Zani Paola come compatibile, per misura, taglio e colore con il jeans indossato da Laura la mattina dell’8 maggio 2021». Gli arrestati, secondo l’accusa, hanno tentato di avvelenarla con una tisana. Il corpo sarebbe stato occultato in un luogo che ne ha permesso la conservazione per tre mesi.


Nell’ordinanza si sottolinea che «Giova sul punto evidenziare che il vestiario indossato dalla Ziliani all’atto della scomparsa aveva già sollevato alcune perplessità da parte di Lorenzi Riccardo, compagno della donna e come tale a conoscenza delle abitudini della Ziliani durante le sue escursioni. Lorenzi, infatti, oltre a non riconoscere il pantalone rinvenuto, segnalava di non aver mai visto la compagna fare una escursione in montagna indossando dei jeans». Dalle indagini emerge che la notte tra il 7 e l’8 maggio 2021 Zani Silvia, agendo in concorso con la sorella Paola e con Milani Mirto, abbia «somministrato alla madre del bromazepan, sostanza di cui i tre avevano la disponibilità. Appare del pari accertato che, a seguito di tale condotta, al momento del decesso la vittima si trovava sotto l’influenza di tale composto, potenzialmente idoneo a comprometterne le capacità di difesa rispetto ad insulti lesivi esterni».

La versione di Silvia e Paola Zani

La versione del malore in montagna o dell’infortunio era stata ritenuta poco credibile da carabinieri e procura. A fine giugno le due figlie e il fidanzato della più grande, sulla base delle risultanze investigative, erano stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, e di occultamento di cadavere. Erano state proprio le due figlie a dare l’allarme quella mattina, verso le 12.00, contattando il 112 e segnalando il mancato rientro della loro mamma, uscita di casa intorno alle ore 07.00 per andare a fare una passeggiata nella frazione di Villa Dalegno. La donna sarebbe dovuta rientrare verso le ore 10.00, per poi andare con le figlie presso la locale discarica a disfarsi di vecchi materassi.

Poco dopo la segnalazione della scomparsa, un dispositivo di soccorritori composto da personale dei carabinieri, del soccorso alpino e dei vigili del fuoco, oltre che numerosi volontari, aveva battuto palmo a palmo il luogo, senza rinvenire il corpo dell’impiegata, esperta conoscitrice di quei luoghi. La definitiva conferma è giunta dalla comparazione del Dna, eseguita presso l’Istituto di Medicina Legale di Brescia. Durante l’autopsia, il medico legale non ha rilevato segni di lesioni esterne. Inoltre il corpo non presentava tracce compatibili con una lunga permanenza in acqua: l’ipotesi investigativa è che possa essere stato occultato in un ambiente le cui caratteristiche hanno rallentato il processo di trasformazione e decomposizione.

L’indagine

Ad aggravare il quadro e a convincere ancora meno gli inquirenti circa l’ipotesi della scomparsa è stato, nella tarda mattinata del 23 maggio, il ritrovamento della scarpa che la donna – a dire delle due figlie – indossava la mattina verso le 7, quando sarebbe uscita di casa per fare la passeggiata. La scarpa, infatti, è stata rinvenuta nel torrente Fumeclo, in un punto che sarebbe incompatibile con la direzione verso monte che avrebbe intrapreso la signora Ziliani. Sempre nel fiume Fumeclo, poco distante dall’abitazione della donna, agli inizi di giugno scorso, era stato rinvenuto un jeans femminile rovesciato, compatibile con quello che – secondo il racconto delle figlie – la Ziliani avrebbe indossato la mattina della scomparsa.

Infine è stata rinvenuta anche la seconda scarpa della signora Ziliani che, per come emerso dalle indagini, è stata collocata nel luogo del rinvenimento proprio dagli odierni arrestati al fine di depistare le attività investigative avvalorando l’ipotesi dell’infortunio o del malore. Il giudice delle indagini preliminari Alessandra Sabatucci nell’ordinanza di custodia cautelare di due delle tre figlie di Ziliani scrive che «il proposito omicidiario è il frutto di una lunga premeditazione e di un piano criminoso che ha consentito loro di celare per lungo tempo la morte e di depistare le indagini». Secondo gli inquirenti il movente è di natura economica: «I tre indagati avevano un chiaro interesse a sostituirsi a Laura Ziliani nell’amministrazione di un vasto patrimonio immobiliare al fine di risolvere i rispettivi problemi economici».

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