San Marino, entro 6 mesi la norma che cancella il carcere per l’aborto. I promotori del referendum: «Vigileremo»

Dopo la vittoria del Sì, la palla passa al legislatore. Mentre il fronte Pro Vita accusa: «Ha trionfato il diritto di abbandonare le donne»

Il giorno dopo della vittoria schiacciante del Sì nel referendum che ha ufficialmente depenalizzato l’aborto, l’Unione Donne Sammarinesi festeggia il 77% raccolto pensando ai prossimi obiettivi da raggiungere. Ora il governo di San Marino dovrà approvare entro 6 mesi a partire da ieri, 26 settembre, una norma che cancella la reclusione fino a 6 anni per l’interruzione di gravidanza «entro la dodicesima settimana e anche dopo se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto». L’ Usd, tra i promotori del referendum, si dichiara pronta a vigilare «affinché venga approvata una legge che accolga in toto il quesito». A dirlo è l’esponente Vanessa Muratori, l’ex parlamentare che nel 2003 con Rifondazione comunista presentò il primo progetto sull’aborto.


A commentare l’esito del referendum è anche la parte opposta, quella dei Pro Vita e Famiglia. Per loro la sconfitta sarebbe stata colpa della scarsa affluenza alle urne con il 41,11% dei votanti in un referendum in cui il quorum non era previsto. «A San Marino, a causa del 32,4% degli aventi diritto al voto, è stato ottenuto il diritto di abbandonare le donne alle paure e al diritto di uccidere i più fragili e imperfetti in grembo, addirittura fino al nono mese». Il Presidente di Pro Vita e Famiglia continua: «Qual è la vittoria? Abbandonare le donne all’aborto? Di essere riempite di terribili bugie come “tranquilla non è tuo figlio”?». Il direttivo ha annunciato l’intenzione di continuare nella lotta nonostante quel 77% di Sì: «Non lasceremo nessuno indietro, ed è una promessa. Continueremo a raccontare la verità sull’aborto in nome di tutte le mamme che ci hanno offerto il dolore negato, in nome di tutti i bambini che sono stati eliminati».


L’Usd: «Qualcosa sta cambiando»

«Ci sono state donne cittadini sammarinesi che sono arrivate da New York, dalla Francia o dalla Spagna per votare», ha continuato Muratori, «e il risultato così schiacciante è il sintomo che nella mentalità qualcosa è cambiato». Il riferimento è anche alle priorità della politica: «Il tempo è cambiato nonostante i tanti governi di sinistra non abbiano mai messo al primo posto la causa. La politica sammarinese ha sempre visto una sovra-rappresentanza di forze legate ad ambienti cattolici e conservatori, ma abbiamo assistito a uno scollamento di tutto ciò con la società civile e delle donne che hanno votato con una percentuale di almeno il 20% in più rispetto agli uomini».

Il fronte cattolico: «Non diventi una prassi»

Il vescovo di San Marino e Montefeltro Andrea Turazzi, da parte sua, ha commentato: «Dopo la vittoria del Sì ora la parola passerà al legislatore ma quello che ci auspichiamo è che questo non diventi un incentivo ad una prassi abortiva, ad una leggerezza nelle decisioni, e come ha detto Papa Francesco, a una bruttissimi abitudine ad uccidere». Il vescovo dice di auspicare un quadro legislativo «di vero aiuto alla donna, di tutela della vita e di accoglienza dell’obiezione di coscienza». Anche Turazzi, poi, si sofferma sul dato dell’affluenza: «Rimane una domanda aperta: a quanto saranno serviti i dibattiti, confronti e riflessioni se solo una percentuale minima di Sammarinesi si è espressa col voto?».

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