Ghali: «Mai fatto pace con Salvini. La maglietta è per il figlio: spero voglia un’Italia diversa dal padre»

«Non si può fare pace con chi ogni giorno fa guerra ai più deboli portando avanti politiche razziste e di odio, con chi fa soffrire e morire la mia gente», spiega il rapper su Instagram

Nessuna pace tra Ghali e il segretario leghista Matteo Salvini dopo lo scontro verbale in tribuna di domenica scorsa, durante il derby della Madunina. Il leader del Carroccio, nei giorni scorsi, aveva sostenuto che la questione tra i due fosse chiarita. A metterci lo zampino sono intervenute anche Le iene, che hanno consegnato a Salvini una maglietta della Tunisia autografata dal rapper. Peccato che, come spiegato oggi in un post su Instagram da Ghali, quella maglietta non fosse un omaggio, o un simbolo di “pace” con il segretario leghista. Tutt’altro. «Questa storia della pace tra me e Salvini è una bugia mediatica», afferma il rapper, che aggiunge: «Ho firmato quella t-shirt solo perché sapevo che sarebbe finita a suo figlio, essendo mio fan, nella speranza che un giorno, crescendo, potrà farsi delle domande e avrà voglia di vivere in un’ Italia diversa da quella voluta da suo padre – scrive il rapper -. In fondo anche io ho preso delle scelte diverse da mio papà, so che può succedere».


E Ghali torna sullo scontro sugli spalti di San Siro, durante il derby Milan – Inter: «Sono andato allo stadio per tifare la mia squadra del cuore, lo stesso cuore che mi ha portato ad agire d’impulso.Non ho assolutamente fatto pace con Salvini e non mi sono mai pentito delle parole che gli ho detto durante il derby». E aggiunge: «Io sono per la pace, ma pace non si può fare con chi ogni giorno fa guerra ai più deboli portando avanti politiche razziste e di odio, con chi fa soffrire e morire la mia gente». Secondo Ghali una distensione con il leader leghista potrà esserci solo «quando ammetterà i propri errori, quando risponderà delle sue azioni, quando racconterà la verità al suo popolo e smetterà di creare disinformazione, usando l’immigrato come capro espiatorio dei problemi dell’Italia».


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