Perché è urgente la terza dose, lo studio israeliano su Pfizer: «Ecco quanto aumenta il rischio contagio dopo appena 90 giorni»

Lo studio dell’Istituto di ricerca israeliano Leumit Health Services stabilisce dopo i 3 mesi la perdita di protezione del vaccino Pfizer contro Covid-19. «Possibilità di infezione più alta di 2,37 volte»

Arrivano da Israele nuovi dati sulla perdita di efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech dopo i 90 giorni dalla seconda dose. Secondo lo studio dell’Istituto di ricerca Leumit Health Services, pubblicato sul British Medical Journal, il rischio di contagio per i vaccinati a ciclo completo con Pfizer è 2,37 volte più alto dopo 90-119 giorni, 2,66 volte più alto dopo 120-149 giorni e 2,82 volte più alto oltre i 150 giorni. L’analisi è stata condotta su un campione di 80 mila persone nel Paese che fin da inizio campagna vaccinale ha saputo mantenere ritmi di somministrazione altissimi e quindi fornire per primo dati preziosi. Nel caso dello studio pubblicato su Bmj il calo di efficacia di Pfizer fornisce importanti indicazioni sia sulle tempistiche di somministrazione sia sul ruolo fondamentale della terza dose.


Le cartelle cliniche elettroniche esaminate dal team di ricerca israeliano hanno riguardato 83.057 adulti con un’età media di 44 anni che tra maggio e settembre sono stati sottoposti a tampone molecolare almeno tre settimane dopo la seconda dose di vaccino. In precedenza nessuno di loro aveva mai manifestato segni di infezione da Covid-19. Dai risultati è emerso che 7.973 partecipanti (il 9,6% del totale) è risultato positivo al tampone: segnale chiaro di come, dopo la seconda dose di vaccino, il tasso di positività sia cresciuto con il passare del tempo. È stato registrato pari all’1,3% tra 21 e 89 giorni, 2,4% tra 90 e 119 giorni, 4,6% tra 120 e 149 giorni, 10,3% tra 150 e 179 giorni, infine 15,5% dopo 180 giorni.


Limiti e punti di forza dello studio

Secondo quanto hanno spiegato gli stessi ricercatori dei Leumit Health Services lo studio presentato presenta un limite osservazionale. Nell’analisi degli 80 mila soggetti «non è stato possibile escludere l’influenza di altri fattori non considerati come il ceppo virale, il numero di familiari conviventi e la densità di popolazione». Nonostante questo, gli esperti evidenziano come lo studio sia stato condotto «su un numero ampio di persone che hanno ricevuto lo stesso vaccino», e che per questo «presenta dei risultati considerabili abbastanza robusti» per tirare le conclusioni necessarie. E cioè che la protezione indotta dalle due dosi di vaccino di Pfizer-BioNTech cala con il passare del tempo e che il rischio di contagio aumenta progressivamente dopo i primi tre mesi.

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