Anche nucleare e gas per la transizione verde: la svolta dell’Ue dopo anni di litigi tra Stati membri

La Commissione europea ha deciso di inserire le due fonti d’energia tra quelle utili all’uscita dal carbone. Protestano gli ambientalisti

Energia rinnovabile sì, ma anche «fonti stabili». La Commissione europea adotterà una tassonomia che include anche il nucleare e il gas. In sostanza, si tratta di un documento contenente una serie di regole per fornire agli investitori una definizione comune di cosa è verde e di cosa non lo è. A darne notizia oggi, 7 dicembre, dopo il vertice dell’Ecofin, è stato il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che ha confermato quanto anticipato da Ursula von der Leyen a fine ottobre. La presidente aveva detto che l’Europa ha bisogno di più energie rinnovabili, e queste sono «più economiche, carbon-free e locali». «Stiamo preparando il nuovo atto delegato – ha detto oggi Dombrovskis -. Non abbiamo una data concreta per la proposta della Commissione, ma sarà fatto nel prossimo futuro senza indugi».


Anni di spaccature all’interno dell’Unione europea

L’inclusione delle due energie nel processo di transizione verso un’economia più sostenibile è in discussione da più di tre anni, e, fin dal 2019, l’Unione europea si spacca sul tema. Quell’anno, Francia, Regno Unito e alcuni Stati dell’Europa dell’Est fecero pressioni affinché il nucleare venisse esplicitamente menzionato tra le fonti di energia verde, minacciando il veto al regolamento. Un anno dopo, nel 2020, dieci Stati europei particolarmente interessati al commercio del gas (Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia) inviarono una lettera alla Commissione in polemica con il fatto che la fonte venisse relegata a «energia di transizione» per la progressiva uscita dal carbone. I Paesi, rivendicando di voler decidere da soli il loro «mix energetico», insisterono affinché venissero messi nelle condizioni di scegliere le strategie più appropriate per raggiungere l’obiettivo climatico 2030 sulla Co2 – tra cui, appunto, l’utilizzo del gas.


Per diverso tempo, la Commissione europea ha tentennato, sperando di poter lasciar sbrogliare la questione i vari Consigli. La questione legata a queste due fonti era (e resta) un tema politicamente spinoso. Fino a che, nella seconda metà del 2021, non è arriva la crisi energetica. L’Ue, pur riconoscendo diplomaticamente che gas e nucleare non possono essere considerati “verdi” in quanto tali, si dimostrano una via d’uscita a basse spese e a basse emissioni di Co2 (il più inquinante di tutti i combustibili fossili). Anche alla luce delle pressioni dei Paesi in questione, la storia è cambiata: il punto non è più se il nucleare e il gas abbiano un posto nella tassonomia, ma come fare a includerli. La soluzione è arrivata negli ultimi giorni, con una mossa formale: nel documento, gas e nucleare sono state considerate non come energie green, ma come «utili» (non solo, quindi, di transizione).

I dubbi degli ambientalisti e le accuse di greenwashing

La giravolta finale su una questione che per anni ha paralizzato il documento ha lasciato scontente molte organizzazioni ambientaliste – soprattutto a seguito dell’attenzione al green proclamata dagli Stati durante i giorni della Cop26 di Glasgow. In mattinata, Greenpeace ha dichiarato che «dare un’etichetta verde a gas naturale ed energia nucleare è come far schiantare un meteorite contro il Green Deal europeo». Anche i movimenti giovanili, come il Fridays for future, hanno mobilitato una campagna social contro la decisione della Commissione europea.

Immagine di copertina: EPA/STEPHANIE LECOCQ

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