C’è una svolta nelle indagini sulla tragedia di via Genova a Torino, dove sabato scorso una gru è crollata su un palazzo uccidendo i tre operai Roberto Peretto, 52 anni, Marco Pozzetti, 54 e Filippo Falotico, 20. La formula tecnica è quella di «una sollecitazione anomala in quota non gestibile», come riporta oggi La Stampa. Da un primo studio dei rottami si è scoperto che il fissaggio finale del braccio della gru a sezione triangolare non era stato ancora ultimato. E dei tre perni richiesti soltanto due erano stati inseriti. E a questo punto la domanda a cui dovranno rispondere gli inquirenti è: perché gli operai non ci sono riusciti? Cosa è successo negli istanti precedenti la caduta?
Le indagini e il consulente
Il professor Giorgio Chiandussi, consulente della procura, dovrà dare una risposta a questi quesiti. Insieme ai consulenti delle aziende coinvolte. Che sono tre: la ditta Calabrese, proprietaria dell’autogru; la ditta Locagru, proprietaria della gru edile; e infine la Fiammengo, che l’ha noleggiata per il rifacimento della facciata del palazzo di 7 piani. Il manovratore, Mirzad Svraka, è di origine bosniaca. Quel sabato mattina riceveva indicazioni tramite telefonino: per questo tutti i cellulari sono stati sequestrati. L’incidente è infatti avvenuto proprio nella fase finale dell’assemblaggio. Quando l’autogru ha sollevato il braccio della gru edile in cima alla torre. Secondo le prime risultanze delle indagini il carico era agganciato all’asta estensibile. Fissati i due perni alla ralla, ovvero il dispositivo che fa roteare la gru, il braccio andava stabilizzato e fissato con il terzo perno alla cuspide.
Ma gli operai non lo hanno fatto. Forse perché non ci sono riusciti. L’ancoraggio segue di solito una sequenza prestabilita: prima la ralla, poi la cuspide. E, spiega il quotidiano, se in questa fase si verifica un’anomalia o in caso di errore il braccio meccanico dell’autogru ha «ristrette possibilità di correzione». Soprattutto quando si creano sollecitazioni laterali. Infine, superata la soglia di resistenza, il braccio meccanico subisce il cosiddetto «svergolamento». Ovvero una deformazione strutturale. Molto simile a quella che appare nella parte alta del braccio meccanico ancora adagiato alla facciata del palazzo.
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