Serie A, Remuzzi: «Gli stadi vanno chiusi. Le precauzioni? Per almeno altri due anni»

Il direttore dell’Istituto di ricerca “Mario Negri” ha parlato della situazione pandemica in Italia e delle ripercussioni sul calcio

Tra focolai nelle squadre e stadi sotto osservazione, il mondo della Serie A torna sotto i riflettori. Secondo Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerca di Milano “Mario Negri”, a oggi sarebbe meglio giocare le partite a porte chiuse. Interpellato dalla trasmissione di Rai 3 Mezz’ora in più, Remuzzi ha detto: «Chiudere gli stadi e fermare tutte le partite è, dal punto di vista della diffusione del Coronavirus, certamente la cosa migliore. Ma bisogna considerare che per molte persone anziane, povere o malate, il calcio è un momento molto atteso». Ieri, la Lega Serie A ha deciso che le prossime due giornate di campionato saranno disputate con un massimo di 5 mila spettatori negli stadi. Secondo il medico, però, l’opzione migliore sarebbe continuare senza pubblico: «Porte chiuse e si gioca lo stesso. Certo non se ci sono dei positivi fra i giocatori». D’altronde, dice, bisognerà abituarsi a queste privazioni: «Dobbiamo tener conto che dovremo prendere delle precauzioni almeno per un paio di anni».


Le Regioni chiedono un documento unico per lo sport

Le Regioni stanno chiedendo regole uguali per tutti in tema sport. In vista della riunione della commissione Salute prevista per domani, 10 gennaio, i presidenti dei territori hanno avanzato la proposta di un documento unico che ogni Regione si impegnerà ad applicare attraverso le proprie Asl, affinché ci sia omogeneità nei provvedimenti sulle dispute delle partite – Serie A di calcio compresa. A fronte dell’aumento del numero di contagi da Covid tra i calciatori, le Asl e le società di calcio sono andate incontro a diversi scontri (risolti dal Tar in favore della Lega Serie A) sulla messa in quarantena degli atleti. Per questo, le Regioni hanno chiesto al Comitato tecnico scientifico di valutare anche per il mondo dello sport l’alternativa dell’autosorveglianza per i calciatori vaccinati entrati in contatto con un positivo. Restano, però, alcune difficoltà: una su tutte quella di utilizzare le Ffp2 durante gli allenamenti.


Immagine di copertina: ANSA/ETTORE FERRARI

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