Le posizioni sulla Russia che rischiano di azzoppare la candidatura Frattini, nei giorni del possibile attacco all’Ucraina

Il nuovo candidato del centrodestra per il Quirinale ha una posizione russofila che potrebbe danneggiare la sua corsa

Franco Frattini è il nuovo candidato di Matteo Salvini al Quirinale. Il presidente del Consiglio di Stato è nella rosa di nomi che il centrodestra vuole proporre ai Grandi Elettori. Ed è anche nelle simpatie di Giuseppe Conte, che non dimentica l’appoggio durante il suo primo governo quando si aprì la partita delle sanzioni dell’Europa alla Russia. Ma è proprio la Russia che potrebbe bruciare le sue chances di arrivare al Colle. Perché la russofilia di Frattini va in chiara rotta di collisione con la geopolitica italiana attuale. E a testimoniarlo c’è anche un’intervista su Formiche che risale a poco più di un mese fa. Nella quale Frattini spingeva per un avvicinamento tra Roma e Mosca: «L’Italia doveva e poteva fare di più all’inizio della crisi ucraina, ai tempi dell’occupazione della Crimea. Allora era ancora nelle condizioni di partecipare al Formato Normandia o di esercitare una forte azione su Putin che forse avrebbe ascoltato. Ha scelto invece di acquetarsi su una acritica politica delle sanzioni di Obama. In diplomazia quando vuoi convincere chi la pensa all’opposto non lo cacci dal tavolo, aggiungi una sedia», diceva Frattini.


Il quale poi scartava l’ipotesi di adesione dell’Ucraina alla Nato: «È un’ipotesi non realistica: un Paese come l’Ucraina, che oggi al suo interno conta tre province indipendentiste, non può aderire all’Alleanza. La Nato dovrebbe essere la prima a dirlo. Purtroppo ha perso il ruolo di attore politico di primo piano che aveva in passato». E invitava a calcolare gli interessi di Putin nel territorio: «I gesti russi hanno sempre finalità diverse da quelle che appaiono. Negli ultimi anni Putin ha dimostrato tre cose. Uno: senza Russia e Cina l’Occidente non può occuparsi di Afghanistan. Due: la Russia riesce ad aggirare le sanzioni occidentali guardando ad Est, come dimostra l’accordo trentennale sulle forniture di energia con la Cina. Tre: piaccia o meno, il Cremlino ha ancora una leva politica sugli ex territori dell’Urss».


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