Perché Zaporizhzhia è un’arma preziosa e quali mosse ha in serbo Mosca: «Attaccheranno altre centrali nucleari»

Dal paragone con Chernobyl ai 15 reattori dell’Ucraina, tutti i punti chiave della tattica russa e i prossimi impianti a rischio. L’analista Gaiani a Open: «Valore strategico enorme, ma la minaccia nucleare non c’entra»

Zaporizhzhia in fiamme accende una delle paure più terribili dello scontro tra Russia e Ucraina. L’attacco da parte delle forze russe avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 marzo nella parte sud-orientale dell’Ucraina non colpisce un luogo qualunque: si tratta della centrale nucleare più grande d’Europa, tra le prime al mondo, e ora è nelle mani di Vladimir Putin. Le bombe russe hanno colpito l’unità 1 dell’impianto: il reattore 1 al momento risulterebbe inattivo ma le scorie radioattive all’interno rappresentano il pericolo di un disastro nucleare che fa tremare il mondo. Il rischio è l’esplosione di uno dei sei reattori presenti nello stabilimento e attualmente in mano alle forze russe. Per ora l’incendio scoppiato durante gli scontri ha riguardato solo il perimetro esterno della centrale mentre i bombardamenti hanno colpito un edificio amministrativo e un laboratorio di ricerca. La conquista di Zaporizhzhia rappresenta, però, una delle mosse più strategiche e allo stesso tempo rischiose dei primi nove giorni di guerra.


Perché è la più potente d’Europa?

Costruita tra il 1984 e il 1995 a Enerhodar, nel sud-est dell’Ucraina, la centrale nucleare di Zaporizhzhia si trova a circa 200 km dalla regione del Donbass e a 500 km dalla capitale Kiev. E’ lo stabilimento più grande di tutta Europa con 6 reattori, ciascuno della potenza di 1000MW e una capacità di potenza totale di 42miliardi di Kwh. Come si traducono questi numeri? Nell’energia sufficiente per alimentare circa 4 milioni di case. Controllata dalla società nazionale ucraina NNEGC Energoatom, in tempi normali produce un quinto dell’elettricità dell’Ucraina e quasi la metà dell’energia generata dagli impianti nucleari di tutto il Paese.


Il paragone con Chernobyl

Lo spettro di Chernobyl, luogo del peggior disastro nucleare del mondo accaduto nel 1986, torna inevitabilmente a far paura. Tony Irwin, professore onorario dell’Australian National University spiega prima di tutto al Guardian la differenza strutturale tra l’impianto di Zaporizhzhia e quello di Chernobyl. «Il tipo di reattore della centrale di Zaporizhzhia è un PWR e cioè ad acqua pressurizzata. Si tratta di un reattore molto più sicuro perché a due circuiti. L’acqua che mantiene freddo il reattore è su un circuito separato rispetto al secondo, che in realtà fornisce energia alla turbina e all’esterno. Questi reattori hanno anche sistemi di raffreddamento di emergenza di riserva». Quello di Chernobyl è invece un reattore di tipo RBMK, costruito nell’epoca dell’Unione Sovietica presentava barre di controllo con terminali di grafite: è a causa di questa composizione che nel 1986 al momento dell’inserimento delle barre nel nocciolo del reattore, la potenza e la temperatura aumentarono così tanto fino all’esplosione dell’intero impianto e alla fusione. «Ovviamente rimane un’idea pessima iniziare a sparare enormi missili contro i reattori», chiarisce Irwin riferendosi ai rischi provocati dalle bombe russe contro Zaporizhzhia.

15 reattori: il tesoro energetico dell’Ucraina

Da più di una settimana la mappa degli attacchi russi sul territorio ucraino continua a riempirsi in modo drammatico. Ma c’è un altro monitoraggio necessario per capire fino in fondo la strategia militare di Mosca. Il Paese di Zelensky conta 4 grandi centrali nucleari per un totale di 15 reattori sotto la gestione della società Energoatom. In termini di energia si parla di una produzione di 13.828 megawatt in totale, capaci di coprire il 55% del fabbisogno energetico dell’intero Paese. La centrale di Chernobyl è stata presa dalle forze russe nei primi giorni di guerra. Poi è toccato a Zaporizhzhia con 6 reattori controllati da Mosca. Ancora libera risulta la centrale nucleare Pìvdennoukraïns’ka nell’Ucraina del sud con 3 reattori e le altre due Rivne e Khmelnitsky, a Nord-Ovest, con 4 e 2 reattori.

Cosa c’è dietro l’attacco russo? «Arma preziosa per i negoziati»

Vladimir Putin ha scelto di invadere un territorio fortemente dipendente dalla fissione nucleare. Ma in caso di esplosione nucleare, i rischi sarebbero eccessivi anche per la Russia stessa. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, esperto in analisi storico-strategiche e studio dei conflitti, spiega la vera arma strategia dietro il bombardamento della grande centrale: «Prima di tutto la presa del controllo delle centrali è utile alla messa in sicurezza degli stabilimenti stessi in un contesto di guerra che dura ormai da giorni. Attentati e danni di ogni genere possono creare fughe radioattive e rendere inagibile il territorio di scontro, i russi hanno in questo momento tutto l’interesse a mantenere sicure quelle zone. Così come anche gli ucraini per ovvie ragioni di difesa». Ma c’è altro.

«Controllare le centrali ha un valore strategico enorme in un Paese che dipende energeticamente dagli stabilimenti: avere in mano gli impianti vuol dire avere il controllo della produzione di energia e poter lasciare potenzialmente al buio milioni di persone». Un elemento non certo da sottovalutare soprattutto al tavolo dei negoziati: «I russi potrebbe far valere la capacità di lasciare senza luce ed energia da un giorno all’altro l’intera Ucraina e ottenere i compromessi che desiderano. Il controllo delle infrastrutture strategiche per i prossimi giorni, in cui le due parti saranno comunque destinate ancora a dialogare, sarà un’arma fondamentale». Sulla minaccia nucleare Gaiani è invece piuttosto scettico: «Prendere il controllo delle centrali per farle esplodere e provocare danni disastrosi non farebbe comodo neanche alla Russia. Stiamo parlando di uno scenario che danneggerebbe anche il territorio di Mosca, renderebbe impraticabile le zone di guerra, attualmente il vero interesse del Cremlino. Niente che rientri in una strategia militare che possa avere qualche carta vincente in termini di dialogo e negoziato».

Le prossime centrali nel mirino

È per queste ragioni che gli attacchi russi potrebbe proseguire a Sud raggiungendo la centrale di Pìvdennoukraïns’ka, non distante da Zaporizhzhia, per poi puntare verso Nord-ovest agli stabilimenti di Rivne e Khmelnitsky. A quel punto tutto il patrimonio energetico dell’Ucraina sarebbe nelle mani di Mosca: una delle carte più decisive poste sul tavolo di complicatissimi negoziati.

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