In un’intervista a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto al nostro Paese di inviare il prima possibile nuove armi. Secondo Kuleba, sul fronte militare il peggio deve ancora venire, e i negoziati di pace non hanno portato ad alcun risultato. «Tutti i problemi chiave restano irrisolti, sul campo l’esercito russo continua ad attaccare, sparo missili sulle nostre città, i loro soldati compiono crimini contro l’umanità», spiega Kuleba secondo cui il presidente russo Vladimir Putin «comprende soltanto il linguaggio della forza». Per fermarlo serve l’aiuto dell’Europa, servono nuove armi, dice, anche perché nelle prossime settimane la situazione potrebbe precipitare: «Siamo nel mezzo della guerra, il peggio deve ancora venire. L’Ucraina ha vinto la battaglia di Kiev ma quella per il Donbass e nel Sud sta per cominciare e sarà terribile, devastante. Lo prova lo scempio di Mariupol. Noi siamo pronti, non ci tireremo indietro e speriamo nel vostro sostegno».
I rapporti con il governo italiano
Kuleba ha mostrato apprezzamento per le attività finora svolte dall’Italia. «Chi rifiuta l’invio di armi all’Ucraina in realtà sostiene la continuazione della guerra. Noi apprezziamo molto Mario Draghi e il mio collega Luigi Di Maio: si sono schierati dalla parte giusta della storia sin dal primo giorno di guerra», ha detto Kuleba. «Noi ci aspettiamo dall’Italia le armi necessarie a difenderci e siamo felici si sia assunta il ruolo di Paese guida nello sforzo di farci entrare in Europa. La loro scelta di farsi garanti della nostra sicurezza negli assetti eventualmente nati dal processo di pace è un segno di grande amicizia e serietà», ha aggiunto. Un’esposizione, quella dell’Italia che si fa da garante per l’Ucraina, che potrebbe mettere a rischio le relazioni del nostro Paese con la Russia: «Vorrei rassicurare gli italiani: si possono trovare modi per cui le garanzie non comportano automaticamente il vostro coinvolgimento bellico diretto. Ad esempio, l’Italia si impegna a mandarci armi e munizioni necessarie a difenderci ma non soldati o piloti e ciò non intaccherà la sicurezza italiana. Di questo stiamo parlando». Kuleba ha paura che i russi possano tornare, anche dopo il raggiungimento della pace: «Dobbiamo essere certi che non tornino a invaderci nel futuro e per questo devono assumersi un impegno di fronte al mondo, con clausole precise, anche legalmente definite dal diritto internazionale. Non ci fidiamo».
La visita del Papa a Kiev e l’attacco al deposito di petrolio a Belgorod
«Sappiamo che in Italia ci sono forze vicino a Putin: vorrei dire che ciò è immorale, illegale e politicamente perdente. Chi sta con Putin sostiene i crimini di guerra», ha tuonato. E cosa pensa, invece, della Cina che non ha voluto schierarsi apertamente contro la Russia? «È rimasta cautamente neutrale, non abbiamo, però, prove di sostegno alla Russia. Il suo maggior interesse è bloccare la guerra che danneggia l’economia mondiale e noi lo condividiamo». Kuleba, poi, ha detto che apprezzerebbe molto la visita di Papa Francesco a Kiev, un segnale forte e chiaro per tutto il mondo e che lo accoglierebbe «a braccia aperte». Al momento, però, non ci sono date per la sua visita in Ucraina. Infine non ha voluto commentare l’attacco al deposito di petrolio di Belgorod che, secondo i russi, sarebbe stato fatto dall’esercito ucraino: «Non ho elementi per fare altri commenti, ho visto i video del blitz e sono molto poco chiari», ha tagliato corto. Zelensky, ieri 2 aprile, aveva detto: «Mi dispiace, ma non parlo dei miei ordini come comandante, leader di questo Stato. Ci sono cose che condivido solo con le forze armate quando parlano con me».
Foto in copertina di repertorio
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