Asanbekovich e l’unità 51460: chi sono il comandante e la brigata accusati del massacro di Bucha

Il comandante Omurbekov Asanbekovic e l’unità militare 51460 della 64ma brigata di fucilieri motorizzati indicati da attivisti e intelligence come i responsabili del massacro di Bucha. Ma ci sono anche altri indiziati

*Si chiama Omurbekov Azatybek Asanbekovich, è il comandante dell’unità militare 51460, 64esima brigata di fucilieri motorizzati. E secondo gli ucraini sarebbe il responsabile del massacro di Bucha. Di certo era lui il comandante delle truppe russe il 31 marzo, giorno in cui le truppe russe hanno lasciato la cittadina. Ad accusarlo ieri sono stati gli attivisti di InformNapalm, che hanno detto che Asanbekovich, che ha circa 40 anni, fa parte dei buriati, la più grande minoranza etnica di origine mongola della Siberia. Per muovere guerra all’Ucraina l’unità 51460 è partita da Knyaze-Volkonskoye, nel territorio di Khabarovsk, nell’estrema Russia orientale.


La strage dei buriati?

«Siamo riusciti a trovare anche l’indirizzo di casa del boia russo», ha scritto InformNapalm, annunciando la pubblicazione di dati, archivi e spiegazioni su come trovare il comandante russo. «Ogni ucraino dovrebbe conoscere i loro nomi. Ricordate. Tutti i criminali di guerra saranno processati e assicurati alla giustizia per i crimini commessi contro i civili dell’Ucraina», si legge nella dichiarazione della Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa dell’Ucraina. E a seguire l’elenco dettagliato di 87 pagine con i nomi degli oltre 1.600 soldati russi ritenuti coinvolti nel massacro di Bucha. Truppe che in parte rispondono al tenente colonnello Asanbekovich. Nell’elenco i soldati sono identificati con grado militare, nome e cognome, data di nascita ed estremi del passaporto. Per molti di loro c’è l’indicazione soldato semplice.


Tra i cognomi anche alcuni tra i più diffusi in Cecenia. Per gli attivisti, in base alle informazioni che hanno avuto, sono stati i militari di questa unità a commettere crimini di guerra nelle città di Bucha, Gostomel e Irpin’, nella regione di Kiev. I residenti di Bucha dal canto loro hanno raccontato al sito di news Obozrevatel che i soldati russi sono «semplicemente andati di cortile in cortile sparando a tutti gli uomini e ai ragazzi. Tra di loro abbiamo riconosciuto buriati con gli occhi stretti e lunghi». Ma va segnalato che nell’elenco pubblicato dall’intelligence ucraina il nome di Omurbekov Asanbekovich non c’è. Il Corriere della Sera scrive che le informazioni sono state rilasciate anche da Anonymous e sembrerebbero provenire dalla lista di 120 mila soldati russi pubblicati da un giornale di Kiev nei giorni scorsi.

Le foto del massacro di Bucha

Nell’area però si trovavano anche carristi della Guardia, ovvero la 36esima armata del distretto dell’estremo oriente militare russo. Oltre ad elementi del 36esimo reggimento parà della 98esima divisione aerotrasportata. Ieri intanto il New York Times ha mostrato le immagini satellitari dei cadaveri in strada risalenti a più di 3 settimane fa, quando le milizie russe erano ancora presenti nella città. Mentre la bandiera che si vede nella foto dell’unità 51460 è quella della repubblica di Sachs, Yakutia, lontana sette fusi orari ad est di Bucha, una degli ottantacinque “soggetti” amministrativi della Federazione Russa. Il Nyt sostiene che da successivi confronti e verifiche si possa dedurre che i cadaveri siano apparsi per le strade tra il 9 e l’11 marzo. La loro posizione – e la distanza da altri oggetti sulla stessa strada come auto abbandonate e alberi – sembra coincidere con le immagini registrate e trasmesse sabato scorso da un consigliere comunale.

Quelle in cui si vede un veicolo circolare lungo Yablonska Street evitando di investire i cadaveri che giacciono in strada. Repubblica racconta oggi in un articolo a firma di Daniele Raineri che il primo aprile sul canale tv del ministero della Difesa russo è comparsa un’intervista al maggiore Aleksej Szabulin. L’uomo con tanto di passamontagna ha raccontato che nei giorni precedenti i suoi fanti hanno “ripulito” proprio le aree di Hostomel, Bucha e Ozura. La parola “zachistka” veniva associato durante il conflitto di Cecenia ai rastrellamenti delle truppe russe. Si parla dei giorni che vanno dal 27 marzo al primo aprile. Che quindi sono compatibili dal punto di vista temporale con il ritrovamento delle immagini. Fino al 24 marzo nella stessa area si trovavano i ceceni della Rosgvardia, la Guardia Nazionale di Putin che ha trovato tra le sue fila anche chi si è rifiutato di obbedire all’ordine di andare in guerra, è stato licenziato e ha fatto causa a Mosca.

L’indagine indipendente

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La Rosgvardia ha compiti di controllo dei territori conquistati, ma dopo quella data i russi hanno trasferito i ceceni nel Donbass. Ma lo stesso quotidiano avverte che i massacri potrebbero essere avvenuti in tempi diversi e per mani diverse. Le foto dell’agenzia di immagini satellitari Maxar mostrano che accanto alla chiesa di Sant’Andrea di Bucha a partire dal 10 marzo si comincia a scavare una fossa comune. L’agenzia di stampa Afp ha scritto che in quell’area sono stati trovati 57 corpi, in gran parte bruciati. Secondo InformNapalm il maggiore Szabulin in realtà sarebbe Aleksej Bakumenko. Ieri anche Slidstvo.info ha pubblicato informazioni sui soldati russi presenti a Bucha. Tra questi c’era chi si vantava di tagliare le orecchie agli ucraini sui social network. Intanto la Russia ha affidato all’ambasciatore all’Onu Vasily Nebenzya il compito di presentare in una conferenza stampa le presunte prove di quella che Mosca definisce la provocazione di Bucha.

«Per quattro giorni da quando l’esercito russo ha lasciato Bucha, non c’è stato un solo segno di atrocità. Non una sola menzione di esse», ha detto il diplomatico russo. Sottolineando che in questi giorno nessuno ha diffuso «notizie di atrocità attribuite all’esercito russo a Bucha». Tra le prove c’è un video del sindaco di Bucha Anatoly Fedoruk dopo il ritiro dei militari russi. Il quale si dice (secondo la traduzione) felice, parlando di vittoria per l’esercito ucraino, senza dire nulla delle atrocità. Fedoruk risponde oggi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «La città è stata tagliata fuori dal mondo per settimane. Solo quando l’hanno liberata abbiamo potuto vedere la realtà e renderci conto dell’orrore».

*Edit: Come riportato fin dal titolo, così come nel sommario, Open racconta correttamente delle accuse pubblicamente mosse contro l’unità militare da parte di gruppi di attivisti, senza riportare condanne. A seguito delle accuse, è stato riscontrato che la foto virale risale al 2019 e ritrae del personale non più in servizio. La sezione Open Fact-checking ha riscontrato che nelle testimonianze dei superstiti della Strage di Bucha accusano dei soldati ceceni, non quelli dell’unità militare citata dagli attivisti.

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