Il disegno come terapia: così i bambini ucraini rifugiati a Milano provano a superare i traumi della guerra – Il video

La Monte Baldo è diventata il luogo che ha accolto quasi 200 bambini fuggiti dall’Ucraina dall’inizio della guerra. La direttrice: «Le aule a disposizione non possono reggere questi numeri. Da parte delle istituzioni silenzio totale».

Fuori dalla scuola Monte Baldo, in zona San Siro a Milano, campeggia un lenzuolo bianco che chiede “Pace” con i colori dell’arcobaleno. All’interno, i corridoi sembrano raccontare la storia di una scuola qualunque: bambini che scorrazzano, giochi, schiamazzi, disegni. Ma da quando il 24 febbraio Vladimir Putin ha dato ordine di invadere l’Ucraina, la Monte Baldo è diventata anche il luogo che ha accolto i traumi di quasi 200 bambini fuggiti dal loro Paese.


La Monte Baldo: un luogo di ritrovo per la comunità ucraina

L’ingresso della scuola Monte Baldo, con la bandiera per la pace

Marika Zabiyaka, coordinatrice della scuola e presidente dell’associazione APS Rinascita Dell’Ucraina, racconta a Open che prima dell’inizio dell’invasione russa la scuola primaria Monte Baldo teneva lezioni ai bambini ucraini per aiutarli a mantenere viva la propria lingua e il senso di comunità. Con l’inizio della guerra tutto è cambiato: ogni sabato arrivano piccoli profughi con le loro madri che chiedono alle insegnanti – anche loro rifugiate ucraine, tutte volontarie – di coinvolgerli nelle loro attività, perché lì possono parlare la propria lingua.


La storia di Kateryna, psicoterapeuta

Kateryna Rudyk, psicoterapeuta che lavora con i bambini della scuola, viene da Chernivtsi, cittadina nella regione occidentale dell’Ucraina, da dove è fuggita con i suoi due figli. Mentre fatica a trattenere le lacrime, spiega di capire bene i bambini che segue, perché ha vissuto il loro stesso trauma: «La mia vita è cambiata il 24 febbraio. In 15 minuti abbiamo preso le cose strettamente necessarie, ognuno ha preparato uno zainetto e ce ne siamo andati. Con me ho solo i miei figli, la mia vita è rimasta lì». Fino a ora è andata avanti con i risparmi che ha portato con sé, e ha conservato tramite sedute online qualche paziente che seguiva prima della guerra, ma a metà di loro presta servizio gratis «perché nessuno può più permettersi di pagare».

I traumi dei bambini rifugiati

Bandiere ucraine disegnate dai bambini rifugiati

I bambini più piccoli sono arrivati alla Monte Baldo traumatizzati. «Scoppiavano a piangere appena sentivano qualsiasi tipo di rumore, come di un’auto o di una lavatrice e avevano paura degli spazi chiusi», racconta la psicoterapeuta. «All’inizio tutti lamentavano forti dolori alla testa. Una bambina di nove anni mi ha chiesto dove la stessi portando, dicendomi di non potersi allontanare da sua madre in nessun caso. Queste sono alcune delle manifestazioni dei traumi che si portano dietro». Kateryna Rudyk teneva lezioni di psicologia in ogni gruppo di nuovi arrivati. «Per loro è fondamentale che io parli ucraino: un’ulteriore difficoltà come quella della barriera linguistica sarebbe devastante. I bambini avrebbero bisogno di essere seguiti anche singolarmente per evitare che questi traumi diventino radicati, ma i genitori non hanno la possibilità di pagare terapie di supporto».

Il disegno come terapia

Alcuni dei disegni fatti dai bambini all’inizio del loro periodo alla Monte Baldo

Nei primi giorni ha chiesto ai bambini in classe di esprimersi tramite il disegno a tema libero, per provare a liberarli di alcune emozioni negative: «Il risultato è stato impressionante. Dappertutto hanno rappresentato l’Ucraina disegnando missili, bende sugli occhi, cimiteri». Ma due mesi di attività di gruppo hanno mostrato risultati significativi: «I disegni di oggi sono meno cupi, loro sono meno silenziosi e terrorizzati e manifestano il desiderio di stare con i loro coetanei anche dopo la scuola» (nel video Kateryna Rudyk mostra alcuni dei disegni realizzati all’inizio delle attività).

L’appello alle amministrazioni: «Non abbiamo abbastanza spazio»

Mentre a inizio marzo i bambini accolti erano 30, durante la prima settimana di maggio sono saliti a 195, e hanno dai tre ai 18 anni. «Ringraziamo il Municipio 7 di Milano che ci ha permesso di usare questi spazi, ma non è abbastanza», spiega la direttrice. «Le aule a disposizione non possono reggere questi numeri. Inoltre noi siamo volontarie. Abbiamo chiesto aiuto alle istituzioni, il sindaco Sala ci aveva promesso una visita dopo Pasqua, ma non è avvenuta. Da parte sua silenzio totale».

La maggior parte dei profughi che frequenta la Monte Baldo è ospitata da centri di accoglienza, parrocchie o parenti. Il Comune di Milano collabora con la Prefettura che coordina il sistema di accoglienza nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) dei profughi, e l’Assessorato al Welfare spiega a Open che l’amministrazione comunale ha messo a disposizione quattro centri (per un totale di 193 posti): Casa Jannacci, viale Puglie, via Stella, via Sammartini. In totale nei CAS della città si contano 774 profughi ucraini: il 40% è rappresentato da minori. L’accoglienza nelle strutture rappresenta però soltanto il 10% del totale. Il 90% viene accolto informalmente da famiglie milanesi o ucraine.

Immagine di copertina: uno dei disegni più emblematici, che mostra due ragazzi con gli occhi bendati, perché hanno paura di cosa li aspetta in futuro

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