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Chi sono i soldati rimasti nell’acciaieria Azovstal. Mosca: «Nelle ultime 24 ore si sono arresi 771 combattenti»

azovstal chi è rimasto
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La Croce Rossa: «Registrate centinaia di prigionieri di guerra». All'interno dell'acciaieria di Mariupol ci sarebbero ancora il leader del Battaglione Azov, alcuni capitani e il capo dell'intelligence

Nelle ultime 24 ore si sono arresi 771 soldati del battaglione Azov asserragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol, secondo quanto riferisce Mosca. «I miliziani del battaglione Azov e le truppe ucraine continuano ad arrendersi», aveva detto ieri il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov. Da lunedì scorso avrebbero deposto le armi 1.730 soldati ucraini, dice il ministero della Difesa russo. La Croce Rossa ha registrato centinaia di loro come prigionieri di guerra. Citando le regole delle Convenzioni di Ginevra, ha chiarito che dovrebbe essere consentito all’organizzazione di interrogare i prigionieri di guerra «senza testimoni» e che le visite non dovrebbero essere «indebitamente limitate».

Ma chi sono i militari rimasti dentro il complesso? Denis Pushilin, presidente dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk, dice che tra loro si nascondono «comandanti di altissimo livello». Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha avvertito che l’uscita dei militari rimasti sarà possibile «solo se depongono le armi e si arrendono». Mentre l’Ucraina ha ricordato di aver dato a tutti l’ordine di arrendersi.

Tra chi è rimasto nell’acciaieria, racconta oggi La Stampa, c’è il leader del reggimento Azov, Denis Prokopenko, che con il suo videomessaggio ha dato il via alle evacuazioni nella serata di lunedì. Ma non è stato visto salire su uno dei tanti autobus russi scortati da blindati con la Z che hanno lasciato Mariupol. Nel complesso ci sarebbe anche il capitano Bohdan Krotevych, che ieri ha postato su Twitter una sua foto nel cuore dell’acciaieria. E ancora: il vicecomandante Sviatoslav “Kalyna” Palamar (che invece avrebbe lasciato la struttura secondo altre fonti) e il capo dell’intelligence Ilya Samoilenko, detto Cyborg per il braccio in titanio e l’occhio di vetro.

Kiev non conferma i numeri e lavora allo scambio di prigionieri che sarebbe stato garantito da Vladimir Putin in persona, ma che non sembra riscontrare molto favore nella Duma russa. Dove c’è chi chiede processi per crimini di guerra e terrorismo, anche se la sensazione è che tutto questo si faccia per propaganda interna a Mosca, come ha detto la viceministra della Difesa ucraina Anna Malyar. «Continueremo a negoziare per farli uscire da lì», ha promesso Malyar. Intanto Mario Mori, ex capo del Sisde e dei Ros, in un’intervista a Il Messaggero dice di non credere che i russi li uccideranno: «Anzi, li gestiranno con attenzione, quelli che si sono arresi e quelli che ancora devono arrendersi. Ai russi servono in vita, non serve farli morire, sono merce mediatica. Per gli ucraini, invece, sono solo prigionieri da scambiare». Diventeranno, dice, strumenti della propaganda russa: «Li terranno per processarli. E vorranno vedere quanti saranno i russi portati alla sbarra dall’altra parte».

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