Le giornaliste dei principali canali televisivi afghani, tra cui Tolonews, Shamshad Tv e 1Tv, hanno deciso di andare in onda senza coprirsi il volto, sfidando l’ordine dei talebani di nascondere il loro viso, in conformità con le ultime linee guida emanate dal governo talebano. «Le televisioni devono evitare di mostrare soap opera e serie all’acqua di rose nelle quali recitino donne», si legge in un documento del ministero della Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio indirizzato alle televisioni afghane. Nello stesso documento è stato inserito l’obbligo per le giornaliste di indossare il niqab o il burqa, coprendo dunque l’intero volto e lasciando scoperti solo gli occhi delle conduttrici e non più solo lo hijab (il velo annodato attorno alla testa e al collo per coprire i capelli, ndr).
Il divieto
Il capo supremo dei talebani, a inizio maggio, ha infatti stabilito l’obbligo per tutte le donne del Paese di presentarsi completamente coperte in pubblico con il burqa tradizionale, stabilendo il licenziamento in tronco per tutte le donne che lavorano nel governo nel caso in cui non rispettino le nuove norme. Ma a rischiare il posto di lavoro in caso di mancato rispetto delle nuove norme non sono solo le donne. Secondo il nuovo regolamento anche i dipendenti di sesso maschile rischiano di perdere il posto di lavoro qualora le loro mogli o le loro figlie non dovessero osservare le nuove disposizioni.
Il gesto delle giornaliste tv
Ma le giornaliste afghane hanno deciso di sfidare a viso aperto le nuove direttive dei talebani. Il direttore di Shanshad Tv, Abid Ehsas, ha spiegato che «le nostre colleghe giornaliste si stanno opponendo alla nuova disposizione perché, qualora dovessero accettare di coprire il proprio volto, temono che il prossimo passo del governo sia quello di non farle più lavorare». A seguito delle prime opposizioni, Mohammad Sadeq Akif Mohajir, portavoce del ministero della Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio afghano, ha chiamato in causa i direttori responsabili delle tv, sottolineando che «chi vive in un sistema e un governo particolare deve obbedire alle leggi e agli ordini di questo sistema».
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