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La storia di Evgeny Sosnovsky, scappato da Mariupol: «Anziani e feriti cacciati di casa dai ceceni»

24 Maggio 2022 - 16:31 David Puente
Il fotografo, intervistato da diverse testate ucraine e internazionali, racconta l'inferno vissuto durante l'occupazione russa

Evgeny Sosnovsky è un fotografo di Mariupol, conosciuto in città per le sue opere e per alcuni premi vinti durante la sua carriera. Nelle scorse settimane è diventato noto per le fotografie del diario di un bambino di 8 anni ferito durante i bombardamenti dei russi all’acciaieria di Azovstal. Evgeny, intervistato da diverse testate ucraine e internazionali, racconta l’inferno vissuto durante l’occupazione russa, di come i ceceni hanno occupato le abitazioni dei civili durante l’assedio. Evgeny viveva a Mariupol, insieme alla moglie e alla suocera di 90 anni, nella sua abitazione situata a ovest rispetto all’acciaieria Azovstal. Non si aspettavano un conflitto così lungo, vista la precedente esperienza del conflitto del 2014, così come si aspettavano un intervento più deciso da parte dell’occidente per fermare l’avanzata di Putin.

I muri di casa tremavano durante i bombardamenti russi a Mariupol, alcuni degli edifici poco distanti erano stati distrutti. Diverse le occasioni in cui Evgeny e la sua famiglia hanno rischiato di morire. Il 15 marzo, venne letteralmente coperto dalle macerie di un edificio colpito accanto a lui, mentre stava accendendo il fuoco per cucinare il pranzo. Un altro edificio venne colpito, nei pressi della sua abitazione, ferendo gravemente il fratello di sua moglie. Venne sotterrato una settimana dopo nel cortile accanto, sotto un albero di albicocche.

L’ultimo post Facebook pubblico di Evgeny prima dell’invasione, il 20 febbraio 2022.

Il 20 marzo, diverse abitazioni nelle vicinanze presero fuoco. Rimasero intatte la sua e quella di un altro vicino, ma poche ore dopo fecero irruzione i ceceni. Evgeny racconta di come gli uomini di Ramzan Kadyrov cacciarono le persone dall’abitazione, incuranti del fatto che ci fossero bambini, anziani e feriti. I ceceni avevano utilizzato l’edificio come postazione di combattimento, contribuendo alla sua distruzione: la mattina dopo, Evgeny ritrovò la sua abitazione completamente distrutta. Durante la permanenza nel seminterrato, Evgeny racconta i momenti in cui il cibo e l’acqua iniziavano a scarseggiare. Quest’ultima veniva recuperata sciogliendo la neve, mentre il cibo risultava inaccessibile in quanto i ceceni impedivano ai cittadini di recuperarlo. Cercarono di rovistare qualcosa dagli edifici distrutti, o in qualche seminterrato nella speranza di trovare qualcosa di integro nonostante i bombardamenti e gli incendi.

Un giorno trovarono mezzo pacchetto di burro e qualche noce, usate come colazione per i bambini. Spinto dalla necessità, decise di raggiungere il centro di Mariupol per poi ritrovarsi un fucile puntato alla testa mentre rovistava all’interno di una pasticceria distrutta. I militari russi lo costrinsero a denudarsi, nonostante il freddo, per controllare eventuali tatuaggi o segni che lo potessero identificare come combattente ucraino. Una volta rilasciato, cercò di tornare a casa attraverso una strada parallela per evitare di incontrare altri soldati nemici. Ironia della sorte, venne perquisito e rilasciato dai combattenti ucraini.

Di fronte alle necessità, Evgeny si è visto costretto a chiedere aiuto al nemico. Pochi giorni dopo la disavventura nel centro di Mariupol, i russi avevano installato una cucina da campo nel cortile di casa sua. Il cuoco, una volta scoperto che nel seminterrato c’erano anche dei bambini, fornì loro del latte condensato, dei biscotti e dello stufato. Evgeny e la sua famiglia non sapevano che cosa stava succedendo dentro e fuori Mariupol, per quattro settimane non avevano nemmeno notizie de figlio che viveva nella stessa città. Per loro fortuna, come racconta durante le interviste, era riuscito ad andarsene in tempo. Una volta recuperata una trasmittente, vennero a conoscenza delle prime evacuazioni senza però riuscire nell’impresa. Arrivati al punto di evacuazione, aspettarono invano gli autobus insieme a circa 200 persone fino a sera, per poi tornare nei loro rifugi.

Al terzo tentativo, Evgeny e gli altri vennero usati per la propaganda russa. Durante l’attesa dei mezzi, nel punto di evacuazione arrivò un mezzo corazzato nemico con a bordo diversi operatori con il loro cellulare in mano, pronti a filmare quanto stava per accadere. Ad un certo punto venne dato l’allarme, sostenevano che gli ucraini avrebbero bombardato l’area e che dovevano mettersi al riparo. Non ci fu alcun bombardamento, ma di fronte alle fotocamere i russi affermavano di aver respinto l’attacco. Un attacco inesistente. Di fronte a tre attese fallimentari, il 30 aprile decisero di tentare la sorte e scappare dalla città a bordo di un mezzo. Riuscirono a lasciare Mariupol, rischiando di essere rapiti dai russi. Evgeny racconta che, mentre oltrepassavano i posti di blocco, avrebbe sentito alcuni occupanti mentre pensavano di sequestrare alcuni cittadini ucraini per utilizzarli in vista del 9 maggio.

Nonostante tutto, riuscirono a raggiungere il primo posto di blocco ucraino per poi essere ospitati a Zaporizhia. Solo a quel punto vennero a conoscenza che i loro parenti si trovavano al sicuro a Kiev, gustandosi ancora di più il ritorno a una normalità da troppo tempo scomparsa: acqua potabile, pane fresco e una lampadina accesa sembravano cose ormai dimenticate. È il tre maggio, Evgeny pubblica finalmente un post nel suo profilo Facebook con le foto che ritraggono lui, sua moglie e la suocera novantenne.

Evgeny si trova a Kiev ed è tornato a lavorare, recuperando le foto che era riuscito a salvare poco prima di essere cacciato di casa dai ceceni. Il 10 maggio pubblica un post Facebook dove mostra la sua postazione di lavoro, ottenuta grazie alle donazioni di alcuni giornalisti della testata tedesca DW e della televisione svizzera SRF.

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