Peschiera del Garda, un padre: «Mia figlia in trappola sul treno». I pm vogliono contestare l’odio razziale

L’indagine: 30 giovani sospettati. Il racconto: le toccavano, dicendo “Donne bianche voi non potete stare qui.. siete delle privilegiate”

La procura di Verona valuta l’ipotesi di contestare l’odio razziale per i fatti di Peschiera del Garda, dove risse e accoltellamenti si sono verificati durante il maxiraduno “L’Africa in Italia” organizzato su TikTok. Intanto però le immagini non potranno aiutare l’indagine: sul treno in cui invece alcune ragazze sono state aggredite non ci sono le telecamere. Anche i fotogrammi delle stazioni non sono serviti per identificare gli autori delle violenze. Mentre un padre racconta oggi al Corriere della Sera cosa ha passato la figlia insieme ad alcune amiche sul convoglio: «Si sono sentite in trappola, braccate, senza l’aiuto di nessuno. Le toccavano, dicendo: “Donne bianche voi non potete stare qui.. siete delle privilegiate”».


Il treno Verona-Porta Nuova Milano

Il convoglio, non essendo di recente costruzione, non aveva telecamere di sorveglianza, a differenza di quelli più nuovi che percorrono la linea Verona-Porta Nuova Milano. Numerosi dei partecipanti ai disordini sulla spiaggia, a cui ha posto termine la Polizia con equipaggiamento antisommossa, erano saliti a bordo di quel treno. Alla Polfer di Milano risultano depositate solo le cinque denunce iniziali da parte di ragazze che sono state pesantemente molestate sul convoglio da un gruppo di giovani, tra cui nordafricani, secondo il loro racconto. Quelle che sono riuscite a scendere alla stazione successiva rispetto a Peschiera: Desenzano del Garda. Qui, mentre erano in lacrime, sono state raggiunte dai genitori. Il giorno dopo hanno sporto denuncia a Milano e le denunce sono state trasmesse all’Autorità giudiziaria di Verona competente per territorio.


«Quando mi ha detto che era bloccata, che le stavano tutti addosso e non riusciva nemmeno a respirare sono impazzito… mia figlia era in balia di gente senza scrupoli e io ero a casa, impotente. Se non fosse riuscita a scendere a Desenzano quelli non so cosa le avrebbero fatto», dice il padre di una delle ragazze oggi ad Alfio Sciacca e Cesare Giuzzi. Quando ha chiamato la polizia è stato rimpallato fino alla Polfer. A quel punto è salito in macchina per raggiungere la figlia: «Al mio arrivo le ho trovate in un bar, tremavano dalla paura. Quando una di loro ha avuto l’attacco di panico ed è svenuta loro si sono tolti la maglietta per farle aria, intanto le si avvicinavano al viso dicendo “I love you”. Alla fine si sono salvate solo grazie a un ragazzo, anche lui di colore, che è riuscito a farsi largo tra la folla a spintoni consentendo alle ragazze di aprire le porte».

Le molestie e le indagini

Secondo alcune indiscrezioni riportate dall’agenzia di stampa Agi ci sarebbero già almeno una trentina di persone finite nel mirino delle forze dell’ordine, in particolar modo per le molestie avvenute al termine del raduno ai danni di sei adolescenti sul treno diretto a Milano. Secondo l’uomo la responsabilità è anche delle Ferrovie dello Stato: «Era evidente quello che stava succedendo con quella gente che aveva già bloccato l’alta velocità. Erano tutti ubriachi e violenti. In quelle condizioni non dovevano assolutamente far partire quel treno fuori controllo». Adesso la figlia «è ancora traumatizzata, quando ne parla piange. Pensi: era la prima volta che andava in gita da sola con la sua amica, che come lei ha 17 anni. Appena l’ho riabbracciata la prima cosa che mi ha detto è stata: “In vita mia non prenderò mai più un treno in vita mia”».

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