La donna uccisa a Modena insieme alla figlia denunciò tre volte il marito, ma i giudici chiusero gli occhi
La prima denuncia per maltrattamenti risale al luglio del 2021. Un’altra integrazione è arrivata ad agosto. E poi ancora un’altra denuncia a dicembre. Eppure Gabriela Trandafir è stata comunque uccisa dal marito Salvatore Montefusco, insieme alla figlia Renata. 47 e 22 anni. Entrambe sono state uccise il 13 giugno a Cavazzone, una frazione di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Dalle prime informazioni riportate dall’agenzia stampa Ansa, la procura di Modena avrebbe avanzato anche una richiesta di archiviazione sulle denunce perché le condotte di Montefusco sarebbero rimaste tutte sul piano verbale. L’archiviazione era stata contestata da Annalisa Tironi, l’avvocata che aveva assistito Trandafir: «Nell’opposizione abbiamo evidenziato che c’erano stati atteggiamenti ben più concreti».
Anche il coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ha commentato la vicenda con un comunicato, spiegando che succede spesso che le donne non vengano credute quando denunciano episodi di violenza: «Purtroppo, le donne che denunciano violenza spesso non vengono credute, perché scontano quel retaggio di pensiero vetusto per il quale mentirebbero. Le donne non mentono. Lo dimostra la lunga scia di sangue, ininterrotta; il sangue delle donne uccise, da mariti, ex mariti, conviventi, ex conviventi. Una donna uccisa ogni settantadue ore, in media». E chiudono: «Ci chiediamo anche quante umiliazioni, quante rinunce, quanta prepotenza abbiano dovuto subire, prima di questo intollerabile epilogo. Anche di ciò ci doliamo».
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