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Il grande bluff della «loggia Ungheria», la procura chiede l’archiviazione: nessun elemento sull’associazione segreta di Amara

La procura chiede l'archiviazione anche dell'ipotesi di associazione per delinquere, non essendoci neanche tracce che confermino l'esistenza del gruppo clandestino descritto dall'ex avvocato dell'Eni

Quella che doveva essere un’associazione segreta sotto il nome di «Loggia Ungheria», in realtà per la procura di Perugia era solo un’invenzione dell’avvocato Piero Amara, descritto nella richiesta di archiviazione come una sorta di millantatore seriale. Nelle 167 pagine presentate al gip, assieme ai 15 faldoni di documenti, cioè l’intero fascicolo, il procuratore Raffaele Cantone spiega la richiesta di archiviazione perché «la circostanza non è stata adeguatamente riscontrata.

Sull’esistenza di un’associazione non sono infatti emersi elementi neanche indiretti che potessero attestarne l’esistenza al di fuori delle dichiarazioni di Amara e delle dichiarazioni di un altro indagato, socio di Amara, che però si è limitato a dichiarare il dato dell’esistenza dell’associazione senza fornire alcun elemento concreto di cui sua conoscenza diretta e si è poi avvalso da ultimo della facoltà di non rispondere, impedendo quindi di operare alcun accertamento mirato».

Richiesta di archiviazione anche l’ipotesi di un’associazione per delinquere, visto che aggiunge Cantone «si ritiene che non sia stata comunque provata l’esistenza di un nucleo organizzativo che potesse far configurare» appunto il reato. Quasi per nulla o semmai in parte la procura ha trovato riscontri nelle diverse dichiarazioni di Amara, che tecnicamente «vanno inquadrate come chiamate in correità dirette o de relato, e quindi come non accertati fatti narrati o in alcuni ha portato a ritenere avvenuti i fatti, ma escluso che in essi Amara avesse potuto svolgere un ruolo, come da lui riferito».

Proprio all’attendibilità di Amara, la procura ha sottolineato quanto l’avvocato riuscisse a contraddirsi di continuo, con le «tante aporie e contraddizioni emerse, ma anche le non poche conferme al suo narrato con riferimento ad alcuni specifici episodi e si è concluso nel senso che le complessive dichiarazioni dell’avvocato non dovessero considerarsi affette da quella “inattendibilità talmente macroscopica da compromettere in radice la credibilità del dichiarante” e si è ritenuto di conseguenza necessario un livello di riscontri particolarmente elevato».

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