Un'inchiesta del Guardian ha rivelato che diversi politici hanno avuto incontri con esponenti dell'azienda per offrire favori
Il colosso Uber è accusato di avere violato le leggi, approfittato della violenza contro i conducenti e corteggiato alcuni esponenti politici molto noti, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron e l’ex commissario Ue Neelie Kroes. Un lavoro di lobbying dal valore di 90 milioni di dollari che avrebbe visto l’azienda reclutare politici su politici nel tentativo di distruggere il settore dei taxi in Europa. A rivelarlo è un’inchiesta del Guardian che ha avuto accesso agli Uber files, 124 mila documenti che hanno fatto trapelare le pratiche illegali del gigante tech. il periodo di riferimento va dal 2013 al 2017. Messaggi su Whatsapp, chiamate, email: tutto registrato e uscito in una fuga di notizie.
Il rapporto con Macron
Rilevanti alcuni messaggi del 2014 tra Macron e il cofondatore di Uber, Travis Kalanick, in cui l’attuale presidente francese (all’epoca ministro dell’Economia) si mise a sua disposizione per spingere l’azienda con leggi ad hoc che tutelassero i loro interessi in un periodo in cui i tassisti francesi erano contrari e protestavano pesantemente contro il lancio di piattaforme come Uber. Gli Uber files riguardano operazioni della società in ben 40 paesi e, secondo quanto riporta il Guardian, hanno portato a ricevere il sostegno di potenti leader in Russia, Italia, Francia e Germania.
Non solo politici
Kalanick avrebbe pagato anche ricercatori e scienziati affinché realizzassero studi a sostegno delle affermazioni dell’azienda. In un messaggio del 2014 di Nairi Hourdajian, responsabile delle comunicazioni globali di Uber, si legge: «A volte abbiamo problemi perché, beh, siamo solo fottutamente illegali». L’azienda ha ammesso di «errori e passi falsi» del passato, ma riferisce di aver cambiato modus operandi con l’arrivo dell’attuale amministratore delegato, Dara Khosrowshahi.
Fu il primo Mondiale vinto da almeno tre generazioni diverse: l’ultima volta, nel 1938, non c’era la televisione, non c’era il presidente della Repubblica e stavano già soffiando brutti venti. Fu l’improvvisa ed entusiasmante presa di coscienza che esistevamo anche noi, come squadra di calcio, e di conseguenza come nazione, ed eravamo i più forti di tutti. Italia-Germania 3-1 fu il punto esclamativo della Settimana Santa del nostro pallone – iniziata il lunedì precedente con il 3-2 al Brasile, Rossi-Rossi-Rossi, e proseguita il giovedì con il 2-0 alla Polonia, Rossi-Rossi – e fece da apripista a un decennio spensierato e frenetico che portò in Italia il meglio del calcio mondiale, almeno per 15 anni: Platini, Maradona, Zico, Rummenigge, Van Basten, Ronaldo… Dieci anni da cicala di cui avremmo pagato le conseguenze più avanti: ma nelle piazze piene, gonfie di gioia e di emozione, nessuno si poneva questo problema, la dolcissima, indimenticabile notte insonne dell’11 luglio 1982.
La Gazzetta ci crede: «Possiamo diventare campioni del mondo»
La mattina dell’11 luglio la Gazzetta apre con il più accorato degli incoraggiamenti: titolo ancora innocuo, dodici anni prima che diventi un partito politico. Con un atto di speranza mette titolare Antognoni che però non riuscirà a recuperare dall’infortunio al piede.
L’arbitro che «tifava per il pareggio»
Non tutti sanno che: in caso di pareggio, Italia-Germania non prevedeva i rigori ma una ripetizione (48 ore dopo) che sarebbe stata arbitrata dall’israeliano Klein (quello di Italia-Brasile), che in quest’intervista del 2018 alla Stampa confessò che tifava per il pareggio.
La finale dei mondiali su Rai2
Italia-Germania radunerà 36,7 milioni di telespettatori, ma la partita sarà curiosamente trasmessa da Rai2 (anzi, Retedue): il Primo Canale punterà infatti su Ore di paura, un episodio del telefilm Sulle strade della California, prima di mezz’ora di Domenica Sportiva. (fonte: La Stampa)
La profezia di Mick Jagger
Allo Stadio Comunale di Torino è in programma il primo di due concerti dei Rolling Stones, anticipato al pomeriggio per evitare di sovrapporsi alla finale. Mick Jagger pronostica un 3-1 per l’Italia e canta Satisfaction con la maglietta numero 20 di Paolo Rossi.
Pertini & Bearzot: pipe e secondi posti
Scortato dall’amico Juan Carlos, la domenica mattina Pertini fa visita agli azzurri nel ritiro di Madrid e discetta delle sue 400 pipe con il ct: «Bearzot, bruci le sue amarezze nel fornello!». Poi dice che il secondo posto va bene lo stesso (altri tempi, davvero altri tempi). (fonte: RAI)
Ora tutti temono gli azzurri
In dieci giorni il clima attorno all’Italia è davvero cambiato, ma Bearzot dimostra di avere memoria da elefante: “Se prima soffrivo molto le offese, adesso soffro molto di più le adulazioni”.
L’inno di Mameli interrotto
Al Bernabeu calcio d’inizio alle 20. Bearzot sostituisce Antognoni con Bergomi e disegna una specie di 3-4-3 in cui Cabrini e Gentile corrono a tutta fascia e Graziani e Conti agiscono ai lati di Rossi. Un problema tecnico interrompe l’esecuzione dell’inno di Mameli più o meno all’altezza del “po-ro-pò”.
Qui Germania: Rummenigge c’è
Invece, sotto gli occhi di Helmut Schmidt, l’inno tedesco fila liscio come l’olio. La Germania è regolarmente capitanata da Rummenigge: il ct Derwall non se l’è sentita di mandarlo in panchina anche nella finale mondiale.
Kalle è fuori forma
Ma che Kalle sia lontanissimo dalla forma migliore lo si capisce all’istante, alla prima azione: Bergomi gli lascia un metro per girarsi e tirare, ma i risultati sono pessimi. Sarà il suo unico cenno di vita.
Un altro forfait di Ciccio Graziani
Non è più fortunata l’Italia e in particolare Ciccio Graziani, che dopo aver abbandonato la semifinale per infortunio è costretto a farlo anche in finale: dopo meno di 10 minuti cade male sulla spalla in seguito a un contrasto con Dremmler e lascia il posto a Spillo Altobelli, senza gesti eroici stile Beckenbauer 1970.
Briegel su Conti: è rigore!
Nei primi venti minuti la Germania si fa preferire a un’Italia bloccata e un po’ soggiogata dal ritmo alto dei tedeschi. Ad ogni modo, zero occasioni: ma al 22′ Briegel frana banalmente da dietro su Bruno Conti e Coelho non ha dubbi nell’indicare il dischetto.
Tensione da film
In Ovosodo (Paolo Virzì, 1997), romanzo di formazione di un giovane livornese, c’è una scena che gira proprio attorno a un rigore calciato l’11 luglio 1982, Rossi contro Schumacher: non tanto per il tiro in sé, ma per la successiva imprevista scoperta del piccolo Piero…
La zappata di Antognoni
L’Italia non calciava un rigore in un Mondiale da 28 anni (Italia-Belgio 1954, gol di Pandolfini). In assenza di Antognoni il rigorista designato è Cabrini, discreto specialista nella Juventus. Ma Antonio si fa prendere dall’ansia e zappa orribilmente il tiro. «Fuoooori!».
Il contraccolpo psicologico è durissimo
Seguono lunghi istanti di angoscia, tensione, smarrimento. Martellini non le manda a dire: quando venti secondi dopo Cabrini manca lo stop sul cambio di gioco di Bruno Conti Nando non si fa problemi a sottolineare che il ragazzo «è sotto shock».
A riposo sullo 0-0
Il primo tempo scivola via sotto anestesia. 0-0, tutto in bilico. In tribuna Pertini dispensa sorrisi e si rivolge a uno spettatore in basso, con una gestualità anti-protocollare che quarant’anni dopo diventerebbe uno di quei meme internazionali sull’italiano medio.
Ma perché non ha calciato Pablito?
Intervallo gravido di tensione. Mentre un uccellino zompetta sull’erba del Bernabeu, Nando Martellini si chiede – e tutta Italia con lui – perché il rigore non l’abbia tirato Pablito, che questa settimana fa gol ogni volta che respira.
Nuova pipa, nuova partita
Dopo un intervallo trascorso a tranquillizzare Cabrini e rinforzare gli ormeggi, Bearzot rientra con piglio da generale asburgico e la nuovissima pipa consegnatagli in mattinata dalla ditta canturina Castello. Lui e Pertini sono stati gli ultimi grandi italiani a fumare la pipa.
I 30 anni quarant’anni fa
Per la rubrica “Giocatori del Mundial che dimostravano molto più della loro età”: difficile da credere, ma l’11 luglio 1982 Paul Breitner aveva 30 anni ed era più giovane, per esempio, degli attuali Insigne o Griezmann.
Catenaccio? Macché! 1-0
L’Italia 1982 è il trionfo del catenaccio? Solo se non avete visto le partite: cross magnifico di Gentile (che nella vulgata popolare era quello che menava e basta) in un’area con quattro azzurri, tra cui l’altro esterno Cabrini. Ovviamente segna Pablito, al sesto gol in sette giorni.
Rossi e Schumacher, ma non quelli lì
Vent’anni prima che gli appassionati italiani di motori potessero simpatizzare nello stesso momento sia per un Rossi che per uno Schumacher, l’11 luglio 1982 vide i due cognomi ferocemente contrapposti: ecco qui il pazzo “Toni” in libera uscita contro Pablito.
«Anni di fatiche e botte», in 90 minuti
Tra gli eroi meno celebrati della finale 1982 anche Lele Oriali, «anni di fatiche e botte» condensati in 90 minuti da martire, ripetutamente livellato al suolo da Stielike e Dremmler. All’ennesimo calcione uno spettatore urla «Basta!».
L’unica parata di Zoff
La Germania è al tappeto ma si produce in un ultimo singulto: cross velenoso di Briegel che semina scompiglio nell’area piccola, con Collovati decisivo nell’anticipo sull’ombra di Rummenigge e poi su Fischer, in tandem con Zoff, all’unico intervento della finale.
Catenaccio? Macché! 2-0
L’Italia 1982 è il trionfo del catenaccio? Davvero, solo se non avete visto le partite: Rossi recupera palla e sguinzaglia Scirea che duetta (anche di tacco) con Bergomi in area di rigore, prima di caricare il sinistro di Tardelli che sembra aspettare quel pallone da tutta la vita.
I bottoni di Pertini
In tribuna d’onore, tra un’esultanza e l’altra, Pertini dà al mondo un’impareggiabile dimostrazione di stile: si accorge che gli si è sbottonata la giacca e se la richiude prontamente.
L’urlo di Tardelli nella storia
L’urlo di Tardelli da varie angolazioni. Una di quelle foto fu scattata nientemeno che da Daniele Massaro, zero minuti giocati nel Mundial, suo malgrado trasformatosi lentamente in fotografo semi-ufficiale degli azzurri accanto a Cesare Galimberti di Lapresse.
I tedeschi rincorrono la palla: 3-0
Il nemico è scappato, è vinto, è battuto. Dietro la metà campo non c’è più nessuno: solo Spillo Altobelli, e silenzio, e Conti. Tedeschi a spasso nella loro area di rigore, con gli azzurri che gli nascondono la palla a piacimento: ko tecnico, Italia-Germania 3-0.
Gli azzurri imprendibili
«E non ci prendono più».
3-1, ma la Germania non ci crede più
Il particolare più impressionante del 3-1 di Breitner è che, nonostante manchino ancora almeno sette minuti alla fine, nessun tedesco corre a prendere il pallone in fondo alla rete, tanto che deve pensarci Coelho.
Dentro Barone Causio
Il resto è accademia: Bearzot mantiene la promessa e all’88’ manda in campo il vecchio Barone Causio che 4 anni prima in Argentina era stato sostituito all’intervallo della “semifinale” con l’Olanda per risparmiarlo in vista di una finale che l’Italia non avrebbe mai giocato.
Campioni del mondo
Dopo aver confezionato il gol di Tardelli, Scirea e Bergomi toccano anche gli ultimi due palloni, prima che Coelho si avventi sulla palla con la cattiveria agonistica che era mancata sei giorni prima ai suoi connazionali. Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo.
La meglio gioventù
Ne La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, 2003) la finale 1982 fa da fondo a una struggente scena nelle sale deserte del Museo di Scienze Naturali di Torino (anche se dalla radio ascoltata dai vigilanti sarebbe dovuta uscire la voce di Ameri e non di Martellini).
«Andiamo a trovarli!»
Pertini abbraccia il presidente FIGC Federico Sordillo e il presidente Coni Franco Carraro e poi ripete, forse ordina: «Andiamo a trovarli!».
Finalmente la coppa
Le lacrime di Bruno Conti, il miglior giocatore del Mondiale; la gioia di Pertini; la compostezza di Zoff anche mentre solleva una Coppa del Mondo.
L’ultima partita della nazionale per Beppe Viola
Strizzato nella Lacoste rossa d’ordinanza, Beppe Viola intervista Bearzot. Sarà la sua ultima partita da inviato della Nazionale: morirà all’improvviso il 18 ottobre 1982, colpito da infarto mentre stava montando in Rai il servizio di Inter-Napoli per la Domenica Sportiva. (fonte: RAI)
Tutti vogliono le prime pagine
Il 12 luglio 1982 i giornali sportivi superano abbondantemente il milione di copie vendute, inaugurando una lunga epoca d’oro e, in futuro, una certa refrattarietà alle critiche, per paura che il fantasma del Mundial torni a far loro visita quando meno se lo aspettano.
Paolo Rossi fa il giornalista
Sul volo verso Roma, Paolo Rossi si toglie la soddisfazione di fare il giornalista e chiama in causa nientemeno che il suo alter ego Franco Selvaggi, l’uomo a cui Bearzot scherzando aveva detto di non portarsi nemmeno le scarpe, che tanto non gli sarebbero servite. (fonte: RAI)
Nel camerino degli Stones
Il lunedì sera va in onda sulla Retedue uno Speciale Mixer condotto da Gianni Minà che come sempre trabocca di ospiti e clamorose sorprese, come il collegamento in diretta dal camerino dei Rolling Stones in compagnia del loro fan Claudio Gentile.
Una soddisfazione Jaggeriana
Eh sì, perché gli Stones hanno ancora da esibirsi nella seconda data al Comunale di Torino – e stavolta Mick Jagger canta Satisfaction con la maglia numero 6 di “Gheddafi”, non più baffuto, non più arcigno, per sempre campione del mondo.
Per 40 anni «non avevamo mai vinto un cacchio»
Dopo aver consigliato a Spadolini di sfruttare l’enorme popolarità di quei giorni per organizzare un golpe militare, a Paolo Villaggio spetta la morale della storia: questo Mondiale ci diede una gioia incredibile perché per quarant’anni «non avevamo mai vinto un cacchio».
La partita a scopone
E a scopa, chi vince? La coppia Causio-Bearzot, grazie a un colpo da maestro del Barone, che cala il sette pur avendone uno solo. Pertini abbocca, lo lascia passare e Bearzot non perdona, portando a casa il Settebello. L’anno dopo, quando Zoff si ritirerà, Pertini gli chiederà scusa.