Sicilia, le nuove scoperte nell’antica Selinunte: un’agorà da 33 mila metri quadrati e la matrice di uno scettro – Le foto

La colonia greca distrutta nel V secolo a.C. svela alcuni dei suoi segreti. A condurre gli scavi, l’archeologo italiano Clemente Marconi

I greci la chiamavano Selinus per via del sedano che, ancora oggi, cresce selvatico in quelle zone. Fondata nel 650 a.C. da alcuni coloni, Selinunte venne saccheggiata e distrutta solo due secoli e mezzo dopo quando Annibale Magone uccise e fece schiave migliaia di persone. L’archeologo Clemente Marconi studia da decenni i resti di questa colonia oggi in provincia di Trapani e parla delle ultime scoperte fatte in quelle zone come di «risultati della massima importanza». L’Istituto Archeologico Germanico, infatti, guidato da Marconi ha effettuato un intervento sulla vegetazione di quello che è il più grande parco d’Europa: sui suoi 270 ettari di superficie, sono state riportate alla luce i confini di un’agorà da quasi 33mila metri quadrati, la più grande del mondo antico, e la forma vagamente trapezoidale di quella che sembrerebbe essere la tomba del fondatore della città: Pammilo da Megara Hyblea.


ANSA/Parco archeologico di Selinunte | Clemente Marconi, l’archeologo che guida la squadra di ricerca a Selinunte con i collaboratori e gli studenti

L’agorà

Gli scavi sono stati per la prima volta effettuati grazie a una collaborazione tra due missioni internazionali: l’università degli Studi di Milano con la squadra dell’Istituto Germanico e l’Institute of Fine Arts della New York University. Ciò che impressiona di più è proprio la piazza, l’agorà. Il direttore del Parco archeologico di Selinunte, Felice Crescente, e l’assessore alla cultura Alberto Samonà la descrivono come «una conca vuota» talmente grande che è in grado di dare «l’idea della magnificenza di questa città e della sua straordinaria essenza».


La datazione dei due templi

ANSA/Parco archeologico di Selinunte | Le mura di un recinto rituale risalente al 610 a.C.

I lavori erano iniziati anni fa, ma poi vennero interrotti a causa della pandemia. Si è ripreso a scavare a pieno ritmo solo lo scorso giugno e i risultati, sottolinea Marconi, «sono andati molto oltre le aspettative». L’idea di partenza consisteva nel riuscire a datare l’epoca di costruzione dei due templi più recenti dell’acropoli. All’inizio si pensava fossero gemelli, ma poi si è scoperto come uno fosse antecedente all’altro. Non solo, sotto alle sue fondamenta è stata trovata una faglia d’acqua, cosa che per Marconi «conferma l’ipotesi che i primi coloni greci si siano insediati proprio in questa porzione meridionale dell’acropoli». Sotto un terzo tempio costruito nel VI secolo a.C. sono state trovate le mura di un recinto rituale risalente al 610 a.C., non molto tempo dopo l’arrivo di Pammilo e i suoi coloni che lo storico del V secolo a.C. Tucidide fissa al 628 a.C.

I manufatti nel terzo tempio

ANSA/Parco archeologico di Selinunte | L’amuleto in forma di falco, immagine del dio del cielo Horo realizzata in blu egizio, che arriva dall’Egitto della fine del VII sec. a.C.

All’interno del terzo tempio, è stata rinvenuta la parte mancante di una matrice in pietra usata per la fusione di un oggetto in bronzo. La prima parte era stata trovata dieci anni fa poco lontano e probabilmente serviva per creare uno scettro. Il fatto che le matrici fossero separate potrebbe significare che quell’oggetto fosse così importante che non doveva essere replicato. Da quello stesso edificio arrivano altri due manufatti che verranno presto esposti all’antiquarium del Parco: un amuleto a forma di falco, immagine del dio del cielo Horo realizzata in blu egizio, che arriva dall’Egitto della fine del VII secolo a.C., e una statuina in miniatura di una sirena in avorio, ritrovata in frammenti nel 2017.

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