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Il boccone amaro offerto da Letta a Di Maio, il «diritto di tribuna» per i leader che salva solo lui: così già rischia il suo Impegno Civico

Il ministro potrebbe trovare posto nel listone riservato ai leader dei partiti alleati con i dem, che però lascerebbe fuori tutti quelli che lo hanno seguito nella scissione del M5s

«Ora dobbiamo aprire una riflessione» ha detto Luigi Di Maio ai suoi parlamentari poco dopo il faccia a faccia avuto alla Farnesina con il segretario del Pd Enrico Letta. Nella riunione con i suoi parlamentari, dalle parole di Di Maio traspare un velo di amarezza presagio che le condizioni offerte dal Pd non sarebbero state generosissime: «Dovremo rivederci – ha detto il ministro – e fare un punto della situazione tra di noi». La scelta rischia di dover essere dolorosa tra le fila del nuovo progetto politico dimaiano, perché parecchi potrebbero vedersi negata anche la candidatura per assenza di posti. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, a Di Maio sarebbe stato offerto semplicemente il «diritto di tribuna», alla luce soprattutto dell’accordo tra i dem e Azione e +Europa che prevede di non candidare i leader di partito nei collegi uninominali, oltre che gli ex del M5s e di Forza Italia. Secondo Repubblica, a Di Maio sarebbe stato proposto un posto al proporzionale direttamente nella lista Pd.

Come funziona il «diritto di tribuna»

Con il «diritto di tribuna», i partiti più piccoli possono godere comunque di seggi, in modo da «aggirare» la soglia del 3% prevista dalla legge elettorale. Di Maio non avrebbe escluso di accettare, considerando che il suo Impegno Civico anche nei sondaggi più ottimistici è stimato ben sotto la soglia del 3%. Per il ministro si tratterebbe di candidarsi nel cosiddetto listone «Democratici e progressisti», in cui dovrebbero trovare asilo tutti gli alleati che altrimenti non riuscirebbero a strappare almeno un seggio con il proporzionale. Il listone poi sarebbe riservato ai soli leader di partito, quindi non ci sarebbe che spazio per lo stesso Di Maio e Tabacci. Una proposta finora già rifiutata da Verdi e Sinistra italiana, che domani vedranno Letta per un chiarimento cruciale. E poi da Matteo Renzi, sempre più intenzionato a correre da solo.

I possibili esclusi

Di Maio invece ci starebbe pensando, ma così lascerebbe senza speranza di tornare in Parlamento chi lo ha seguito finora nella scissione del M5s: da Laura Castelli a Malio Di Stefano, passando per Sergio Battelli e non ultimo Vincenzo Spadafora.

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