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Covid, le donne rispondono meglio al vaccino ma l’efficacia cala più in fretta rispetto agli uomini – Lo studio Iss

17 Settembre 2022 - 11:40 Redazione
La ricerca è stata effettuata su 136 maschi e 385 femmine, tutti operatori sanitari

Le donne rispondo meglio ai vaccini contro il Coronavirus ma, al tempo stesso, vedono calare più velocemente il suo effetto. Ad annunciarlo sono i risultati di una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità presentata al Congresso Internazionale di Medicina di Genere a Padova. Lo studio è stato effettuato su 136 maschi e 385 femmine, tutti operatori sanitari, nonché i primi a ricevere la vaccinazione. Dipendenti in un ospedale a Roma, avevano tutti due dosi di immunizzazione. L’analisi si è concentrata sui livelli di anticorpi sviluppati, i quali sono stati misurati a intervalli di tempo diversi: 16 giorni dopo la seconda dose di vaccino, 77 giorni dopo e, infine, 154 giorni dopo.

I risultati della ricerca

È così risultato che le donne esaminate hanno mostrato un livello di anticorpi di 1,7 volte più alto rispetto a quello sul personale maschile, tra i 15 e i 150 giorni dopo la seconda dose. Invece, prendendo in analisi i titoli anticorpali a 154 giorni dopo la seconda vaccinazione è emerso che erano diminuiti significativamente raggiungendo livelli simili tra uomini e donne esaminati. Pertanto, in entrambi i sessi gli anticorpi tendono a diminuire con il corso dei mesi, ma in modo più repentino nelle donne. «Le donne sono più immunoreattive, rispondono meglio alle infezioni, e anche nel Covid-19 è così. Ma c’è un rovescio della medaglia: le donne sono più interessate da disordini autoimmunitari, hanno reazioni avverse ai vaccini più frequenti e di maggiore entità rispetto agli uomini. Mentre coloro che non sviluppano anticorpi protettivi dopo le vaccinazioni, sono più spesso di sesso maschile», ha spiegato Anna Ruggieri, ricercatrice dell’Iss. Dai dati della ricerca è risultato anche che gli uomini con livelli plasmatici di testosterone più alti hanno titoli anticorpali più elevati. Ruggeri ci tiene anche a sottolineare che prendere in considerazione questa tipologia tipo di dati permette di «mettere in campo strategie di sorveglianza sanitaria più personalizzate».

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