È di Alberto Fedele il corpo recuperato in Perù: chi era l’ingegnere italiano scomparso sulle Ande

Il ragazzo era sparito lo scorso 4 luglio, dopo essersi allontanato per un’escursione di trekking

Da quando il cadavere congelato di un uomo era stato ritrovato sulle Ande peruviane, vicino alla laguna di Juchuyocha, il timore che potesse trattarsi del 30enne pavese scomparso lo scorso 4 luglio aveva iniziato a serpeggiare. La triste conferma sembra essere arrivata oggi: il corpo congelato reperito ieri dai soccorritori appartiene ad Alberto Fedele, ingegnere italiano che si trovava in Sudamerica come volontario di WeWorld onlus. Secondo le ultime notizie che si hanno di Alberto il giorno della sua scomparsa il giovane si era allontanato per fare trekking sulle Ande. Da allora, nessuno aveva più avuto notizie di lui.


Il viaggio di Alberto

Quello verso il Perù doveva essere il viaggio da realizzare nel corso di un anno sabbatico. Alberto, ingegnere gestionale, dopo aver compiuto i 30 anni aveva deciso di lasciare il suo lavoro in una cooperativa di Gatteo, in provincia di Rimini, e unirsi al progetto europeo Aid Ue, che permette a giovani volontari di fare esperienze all’estero. Aveva raggiunto il Perù ad aprile, e ad Abancay aveva continuato a fare il suo lavoro di ingegnere per WeWorld.


Lo scorso luglio, voleva approfittare di alcuni giorni liberi per fare trekking nella zona di Cusco, nella provincia di Urubamba, per vedere la laguna di Juchuyccocha. Un’escursione dalla quale non ha più fatto ritorno: il 5 luglio, una sua amica allarmata aveva dato l’allarme della sua scomparsa. Le ricerche erano cominciate immediatamente, e sul posto era arrivato anche suo padre, trattenendosi diverse settimane nella speranza di poter ritrovare il figlio. Ricerche che sono proseguite anche quando un corpo in decomposizione, lo scorso 19 agosto, aveva lasciato sospettare che potesse trattarsi di quello di Alberto: ipotesi successivamente smentita dall’autopsia. Sull’identità del cadavere congelato vicino la laguna Juchuyccocha, non sembrano invece esserci dubbi: è «stato riconosciuto grazie allo zaino e ai vestiti. Probabilmente è scivolato durante l’escursione», ha spiegato all’Ansa il presidente di WeWorld Marco Chiesara.

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