No alla marijuana per gli sportivi, l’agenzia antidoping chiude al Thc: «Vietato solo nelle competizioni»

Dopo l’esclusione della velocista Usa Sha’Carri Richardson alle Olimpiadi, alcuni addetti ai lavori avevano fatto richiesta di modificare la regola

L’Agenzia mondiale antidoping ha deciso: la marijuana resterà nell’elenco delle sostanze vietate per le competizioni. La valutazione è arrivata dopo la richiesta di modificare la regola da parte di alcuni addetti ai lavori tra cui il presidente di World Athletics, Sebastian Coe. La polemica era nata a seguito dell’esclusione dalle Olimpiadi della velocista statunitense Sha’Carri Richardson per un test risultato positivo. «Penso che non sia irragionevole, anzi sarebbe sensato, fare una revisione della regola», aveva detto Coe a Tokyo prima delle Olimpiadi. Ora la Wada si esprime con la decisione ufficiale: il Thc, principale componente psicoattivo della cannabis, rimane nella lista dei prodotti proibiti agli atleti. «Affinché una sostanza sia inclusa nell’elenco dei prodotti vietati deve soddisfare almeno due di tre criteri. E cioè il migliorare le prestazioni, rappresentare un rischio per la salute dell’atleta e violare lo spirito dello sport», spiega l’Agenzia. Per arrivare alla decisione, la Wada ha poi fatto sapere di aver consultato atleti che hanno utilizzato la cannabis nell’ambito di un’indagine operata da un team di esperti, analizzando tra le altre cose anche studi scientifici sull’argomento. L’esito della ricerca ha portato l’Agenzia a confermare l’utilizzo della cannabis come attività «contro lo spirito dello sport». Il team di inchiesta ha poi sottolineato come il «Thc rimanga vietato solo nelle competizioni», ricordando infine che «la soglia per un test positivo è stata aumentata a 150 ng/ml nel 2013».


Pene più leggere

Nel gennaio 2021 Wada aveva comunicato un alleggerimento della pena riservata agli atleti positivi all’assunzione di cocaina, eroina, ecstasy e cannabis. «Chi viene trovato positivo a una delle quattro droghe rischia fino a un massimo di 3 mesi di squalifica», aveva annunciato l’Agenzia. Una pena che può essere ridotta a 30 giorni se lo sportivo – dimostrando che l’uso «è avvenuto fuori dalla gara e che non è correlato alla prestazione sportiva» – accetta di entrare in un programma di recupero. Prima dell’opera di alleggerimento il rischio era di 4 anni di squalifica, 2 se l’assunzione avveniva lontano dalla gara.


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