L’agenzia mondiale anti-doping ha depenalizzato l’uso di sostanze stupefacenti da parte degli atleti

di Fabio Giuffrida

Lo stop deciso dall’Agenzia Mondiale Anti-doping (Wada) può essere ridotto a 30 giorni nel caso di pentimento. Prima si rischiavano fino a 4 anni. Ecco cosa è cambiato

Calcio o basket, dilettante o campione. Tutti gli atleti dall’1 gennaio 2021 possono fare uso di cocaina, eroina, ecstasy o cannabis senza rischiare di mandare all’aria la loro carriera. Lo ha deciso la Wada, l’agenzia mondiale anti-doping, secondo cui chi viene trovato positivo a una delle quattro droghe sopracitate rischia fino a un massimo di 3 mesi di squalifica. Pena che può essere ridotta a 30 giorni se lo sportivo – dimostrando che l’uso «è avvenuto fuori dalla gara e che non è correlato alla prestazione sportiva» – si pente e accetta di entrare in un programma di recupero. Prima, invece, si rischiavano ben 4 anni, che diventano 2 se l’assunzione avveniva lontano dalla gara.


Perché le droghe sì e gli anabolizzanti no

La Wada – che ha varato il provvedimento nel novembre del 2019 – ha preso questa decisione nell’esclusivo interesse delle gare, non della salute degli sportivi. Con l’assunzione di eroina, cocaina, ecstasy o cannabis, dunque, non si altera il risultato delle competizioni, a differenza degli anabolizzanti che, invece, possono dare un aiuto, anche piuttosto rilevante, e dunque incidere sul risultato del match. In sintesi: anabolizzanti no, droghe sì. Con questo provvedimento, ad esempio, Diego Armando Maradona, trovato positivo alla cocaina dopo la partita Napoli-Bari il 17 marzo del 1991, non sarebbe stato squalificato per così tanto tempo. Avrebbe perso al massimo 4 partite.


Le polemiche sulla Wada

La Wada non è nuova a polemiche. Un anno fa ha deciso di escludere la Russia, per i prossimi quattro anni, da tutti gli eventi sportivi internazionali e dai Giochi Olimpici dopo lo scandalo del «doping di Stato». Durissima la reazione di Vladimir Putin che ha parlato di mossa politica: «Queste decisioni non sono volte a mantenere lo sport pulito ma sono basate su considerazioni politiche, che non hanno nulla a che fare con gli interessi del movimento olimpico».

Foto in copertina: Pixabay

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