I robot, il tritolo, la fuga di gas: cosa c’è di vero nelle nuove ipotesi sul sabotaggio di Nord Stream

Le esplosioni provocate da 500 chili sui tubi. Il ruolo dei robot telecomandati. La possibilità che le cariche siano state piazzate “con largo anticipo”

L’uso di robot addetti alla manutenzione. E 500 chili di tritolo sui tubi. Questo potrebbe aver portato alle esplosioni nel Mar Baltico che hanno provocato le quattro falle al gasdotto Nord Stream. Mentre la Finlandia fa sapere che nella zona c’è un deposito di armi chimiche. E il gestore ha annunciato che il metanodotto non perde più gas. Che è ancora presente nel condotto. La nuova tesi sul sabotaggio è stata riferita da alcuni esperti al Guardian: «A piazzare le bombe che hanno provocato quattro falle nel a circa 80 metri di profondità nelle zone economiche esclusive di Svezia e Danimarca potrebbero essere stati i robot di manutenzione che operano all’interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione».


Il dito puntato

E se questa teoria dovesse rivelarsi corretta, «la natura sofisticata dell’attacco e la potenza dell’esplosione aggiungerebbero peso ai sospetti che gli attacchi siano stati effettuati da un potere statale. Con il dito puntato contro la Russia». Alcune fonti di intelligence citate dalla rivista Spiegel si spingono più in là. E segnalano che gli oleodotti sono stati colpiti in quattro punti da esplosioni innescate da 500 chilogrammi di tritolo. Ovvero l’equivalente della potenza esplosiva di una bomba in un aereo. Gli investigatori tedeschi dicono che subacquei o robot telecomandati potrebbero essere in grado di visitare i siti già questa settimana. Per raccogliere informazioni utili su com’è andata. Intanto si studiano le conseguenze della falla. L’Agenzia finlandese per l’Ambiente (Syke) segnala che la prima perdita è stata rilevata nel bacino danese di Bornholm. Ovvero dove si trova la più importante discarica di armi chimiche del Baltico. Anche se secondo la stessa Syke «è probabilità che l’effetto delle perdite di gas sulle armi chimiche sia minimo, poiché sono sepolte a diversi chilometri ma gli effetti sono ancora incerti». Il Corriere della Sera aggiunge che l’esperto H.I. Sutton ha prospettato scenari simili. Secondo i quali gli ordigni sono stati piazzati con largo anticipo da droni subacquei. C’è persino la possibilità di un inserimento durante la fase di costruzione. I gadget di ispezione hanno minato i tubi dall’interno. Considerata anche l’ipotesi del sommergibile, anche se il K-329 Belgorod si trovava in tutt’altre zone all’epoca dell’incidente.


Di chi è Nord Stream

Secondo questa tesi la Russia potrebbe aver deciso il sabotaggio per lanciare un messaggio di deterrenza. Oppure per evitare di pagare risarcimenti per le mancate forniture. Ma nessuno esclude le altre piste: quella degli americani e quella della Polonia. La proprietaria di Nord Stream è la società di gestione è Nord Stream AG con sede a Zug (Svizzera). L’azionariato è costituito da Gazprom (51%), Ruhrgas (15,5%), Wintershall (15,5%), N.V. Nederlandse Gasunie (9%), Gaz de France-Suez (9%).Il progetto è partito nel 1997 quando Gazprom e Neste hanno creato North Transgas Oy per la costruzione e l’esercizio di un gasdotto. Il 6 settembre 2011 è arrivato il gas nella prima conduttura. Nell’agosto 2012 è terminata la costruzione della seconda linea. Intanto la fuga di gas della condotta è terminata dopo che un equilibrio è stato raggiunto fra la pressione del gas e la pressione dell’acqua. «La pressione dell’acqua ha più o meno chiuso il gasdotto in modo che il gas presente al suo interno non fuoriesca», ha riferito il portavoce della società di gestione del gasdotto Nord Stream 2, Ulrich Lissek. «La conclusione è che c’è ancora gas nel gasdotto», ha aggiunto. Mentre la nube di metano formatasi a seguito della fuga di gas del 27 settembre «non è stata al momento rilevata sul Nord Italia. Potrebbe dunque essersi diluita nel tragitto, aver cambiato traiettoria o non essere ancora rilevabile sul nostro Paese», stando agli esperti.

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