Perché Mattarella ha difeso Giorgia Meloni: incarico da premier il 21 ottobre?

C’è un filo diretto tra il Quirinale e la presidente del consiglio in pectore. Ma c’è anche un problema da risolvere

Le parole della ministra francese Boone sulla vigilanza nei confronti dell’Italia e di Giorgia Meloni hanno fatto scendere in capo anche Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica ha detto che l’Italia «sa badare a sé stessa». E, spiega oggi un retroscena de Il Messaggero, lo ha fatto perché da quando Fratelli d’Italia ha trionfato alle elezioni l’interlocuzione tra il Quirinale e la presidente di FdI è costante. Mattarella e Meloni hanno avuto colloqui, come è normale che sia in questi casi. Il Colle ha scelto di essere il garante dell’operazione. E vigilerà sui nomi e sui conti pubblici. Ma proprio l’interlocuzione costante è stata la premessa per l’azione di Mattarella. Che ha voluto ricordare che l’Italia è una democrazia matura. E non ha bisogno di tutele dall’alto.


Le tappe per la nuova premier

Dall’altra parte della barricata c’è Meloni. Che ha approfittato dell’uscita della ministra per ribadire il tema della sovranità con cui ha vinto le elezioni. Come ribadisce oggi un retroscena del Corriere: «Probabilmente alcuni in Europa erano abituati a una politica italiana disposta a scambiare il rispetto per la Nazione con il sostegno ai loro partiti, ma ora non è più così». L’uscita di Mattarella fa il paio con quella di Draghi. Che a Praga ha spiegato come le non-scelte sul gas si ripercuoteranno su chi gli succederà a Palazzo Chigi. Intanto Il Fatto Quotidiano scrive che il giorno buono per l’incarico potrebbe essere il 21 ottobre. Le tappe per Giorgia Meloni premier sono infatti segnate. A una settimana dalla convocazione delle nuove camere il Colle ritiene che il centrodestra avrà trovato un accordo per i presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama. Le consultazioni dovrebbero essere rapide. E quindi Meloni potrebbe essere convocata al Colle e accettare «con riserva» l’incarico proprio il 21 ottobre. A patto che si riesca a risolvere qualche nodo. Come quello del ministero dell’Economia. Fabio Panetta ha rinunciato. I nomi che si fanno sono quelli di Vittorio Grilli, Dario Scannapieco e Domenico Siniscalco. Ma il problema è che i tecnici che Meloni vorrebbe nel suo governo per ora non si fidano. E Giorgia punta proprio sul Colle per una moral suasion che potrebbe essere decisiva.


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