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Caos Forza Italia: tra i consigli di Lotito, le spallucce dei big e il malcontento del Sud, la partita dei sottosegretari incrocia quella dei presidenti di commissione

27 Ottobre 2022 - 13:42 Felice Florio
In questa fase convulsa, si pensa anche al cambio del coordinatore dei giovani del partito. Ma Bestetti smentisce: «Se Berlusconi mi volesse sostituire, me lo direbbe di persona»

Maurizio Gasparri che invita alla calma chi prova ad avanzargli nomi per i sottosegretari. Antonio Tajani che, sottovoce con Claudio Lotito, si confronta su come far intersecare la partita del sottogoverno con quella delle presidenze delle commissioni. Negli occhi di entrambi i decani di Forza Italia, tuttavia, sembra esserci la rassegnazione di chi sa che per gli ultimi incarichi ministeriali la voce grossa spetta a Licia Ronzulli. Il rischio che accomuna le due fazioni del partito è di non ricevere, anche questa volta come già successo per i ministri, una compensazione di ruoli rispetto alla Lega: percentuali di voto simili alle elezioni del 25 settembre, ma truppe parlamentari nettamente inferiori per la ripartizione dei collegi uninominali, basata sui sondaggi di agosto. Ma nel Senato, il giorno della fiducia, si aggirano anche gli ex parlamentari di Forza Italia non rieletti: in qualche modo, sperano di tornare nei palazzi che contano attraverso le nomine. Ci sono Sestino Giacomoni e Annagrazia Calabria: per lei la “colpa” è quella di essere stata sempre attiva nel Lazio, troppo vicina a Tajani. Difficilmente lui riuscirà a farle da garante in questa sfida che sembra già vinta da Ronzulli. «Non è il momento di farci la guerra nel partito» è il mantra che avrebbe ripetuto a diversi parlamentari che speravano in un colpo di coda del coordinatore contro la capogruppo forzista a Palazzo Madama.

Tra Sala del Risorgimento e Sala Garibaldi, “fa le vasche” anche l’ex senatrice Gabriella Giammanco. Anche lei, raccontano, ambisce a rientrare sulla scena politica nazionale attraverso la porta del sottogoverno. È in quota Gianfranco Miccichè, senatore vicino a Ronzulli. Sostenitore dell’idea di non votare per Ignazio La Russa alla presidenza di Palazzo Madama al primo scrutinio, il siciliano si è reso conto di essere stato messo ai margini quando la vicepresidenza è stata assegnata a Gasparri e non a lui. In questa fase, ce lo descrivono risentito anche per la nomina a ministro del suo corregionale Nello Musumeci: se non gli verrà affidato un ruolo di sottogoverno – Giammanco deve mettersi in coda -, Miccichè potrebbe rinunciare allo scranno da senatore e sedersi sul seggio dell’Assemblea regionale siciliana, parlamentino nel quale il suo nome sposta ancora gli equilibri. Nel trambusto forzista, come se non bastassero le lotte tra correnti e le rivalità interne alle stesse – nessun refuso, non stiamo parlando del Pd -, si innesta la questione della componente giovanile del partito. Questione secondaria? Non per Forza Italia, dove il coordinatore nazionale dei giovani è stato quasi sempre eletto deputato.

Non in questa tornata. Marco Bestetti è uscito dalle grazie dell’inner circle berlusconiano. Con il passaggio di Mariastella Gelmini – sua madrina politica – ad Azione, Bestetti è stato escluso dalle liste elettorali. Di tutta risposta, il coordinatore nazionale di migliaia di giovani iscritti a Forza Italia aveva deciso di non partecipare alla campagna elettorale del partito, invitando altri esponenti del giovanile a fare lo stesso. La rottura è segnata e si rincorrono le voci di chi vede prossimo il suo addio a Forza Italia. «Conoscendo il presidente Berlusconi, escludo che possa apprendere dai giornali che il partito voglia sostituirmi al coordinamento dei giovani», afferma a Open. Eppure, il nome del suo possibile successore sarebbe già stato presentato al presidente di Forza Italia: Tullio Ferrante. Ne scrive il Fatto Quotidiano. Deputato alla prima legislatura, è amico intimo della compagna di Berlusconi, Marta Fascina. Ha aperto i profili social qualche settimana fa e su Instagram. Pubblicando una foto insieme a Fascina, ha scritto: «Da vent’anni su questi schermi. Insieme, sempre. Brother and sister». Ha 33 anni, una laurea con il massimo dei voti in Giurisprudenza alla Luiss presa quando di anni ne aveva 23 e, prima di salire alle cronache politiche, ha lavorato come avvocato nello studio Tonucci & Partners di Roma.

Se i giovani di Forza Italia non dovessero accettare l’investitura di Ferrante – diversi tra loro sono consiglieri di comuni importanti e amministratori locali -, potrebbero lasciare il partito, verso il Terzo polo. O in Fratelli d’Italia: in questi anni, raccontano i forzisti, ha saputo valorizzare i suoi giovani portandoli a essere classe dirigente. Caos su caos: oltre alle pretese delle correnti, tiene banco la “questione meridionale”. Il Sud rivendica posti nel sottogoverno dopo essere stato mortificato nella scelta dei ministri, con siciliani e campani sul piede di guerra. Anche la Lega ha un problema di territori che si sentono sottorappresentati. La “lombardocrazia” della Lega al governo – cinque ministri su cinque sono lombardi – ha fatto arrivare a alle orecchie di Matteo Salvini proteste dagli altri territori, Veneto e Piemonte su tutti. Andrea Paganella, uno degli emissari del segretario nelle trattative per il sottogoverno, non ne fa mistero. Occorre dare almeno un sottosegretario alla Sicilia, uno alla Basilicata, uno alla Toscana, uno all’Umbria e così via. Procedendo così, si esauriscono in un attimo le caselle disponibili per il Carroccio.

Dovrebbero essere otto i sottosegretari leghisti. Stesso numero per Forza italia. Partito dove, in questa fase convulsa, c’è un senatore che sembra aver superato tutti gli altri in quanto a strategia. Lotito, a Palazzo Madama, si muove più agilmente di chi fa politica da decenni. Con Tajani già discute delle presidenze di commissione, ruolo fondamentale per i lavori parlamentari e che fa gola dal punto di vista economico. Ministri e sottosegretari non prendono maggiorazioni di stipendio, ma continuano a guadagnare quanto i parlamentari. I presidenti di commissione no: ricevono circa mille euro di emolumenti in più rispetto al netto mensile di un parlamentare semplice. E non è da sottovalutare anche la possibilità di assumere staff e dare lavoro a tutti coloro i quali sono rimasti fuori dai giochi del 25 settembre. Con il taglio dei parlamentari, non sono certo pochi gli uomini di partito che, adesso, stanno attendendo sull’uscio delle commissioni.

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