Midterm 2022, a chi andrà il voto dei giovani americani? L’analisi

Alle ultime elezioni l’affluenza degli americani tra 18 e 29 anni è cresciuta a dismisura, contribuendo alla vittoria dei candidati democratici. Succederà anche questa volta?

A condizionare i prossimi due anni di mandato del presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti potrebbe essere proprio il voto dei più giovani. Alle elezioni del 2020, i cittadini americani tra i 18 e i 29 anni registrati per votare rappresentavano circa il 15% dell’elettorato totale. E hanno dato una spinta importante ai democratici per permettere a Joe Biden di approdare alla Casa Bianca. Martedì 8 novembre, gli americani saranno chiamati a votare di nuovo. Questa volta per le elezioni di metà mandato, un appuntamento elettorale che spesso assume i contorni di un referendum sul presidente in carica. Con il loro voto, infatti, i cittadini saranno chiamati a rinnovare tutti i 435 seggi della Camera dei rappresentanti e 35 seggi del Senato. In altre parole, possono decidere chi avrà la maggioranza al Congresso. Secondo i sondaggisti, i repubblicani hanno buone probabilità di riconquistare la Camera, mentre molti seggi del Senato restano ancora in bilico. A risultare decisivo potrebbe essere il voto degli under 30, che dalle ultime elezioni pare essersi anche allargato. Secondo l’istituto CIRCLE – specializzato in ricerca sull’impegno civico giovanile – sono 8,3 milioni i giovani di 18 e 19 anni che voteranno per la prima volta alle Midterm di martedì.


La riscoperta della politica (e della protesta)

Storicamente, la partecipazione dei giovani americani alla vita politica del Paese si è spesso rivelata un disastro. Alle elezioni di metà mandato del 2014, durante il secondo mandato presidenziale di Barack Obama, soltanto il 13% degli under 30 si recò alle urne. Poco più di un giovane su dieci. Eppure, nell’ultimo decennio qualcosa sembra essersi sbloccato. «I tassi di affluenza alle urne dei giovani sono aumentati drasticamente nelle ultime elezioni», spiega Alberto Medina, responsabile della comunicazione dell’istituto CIRCLE. E i numeri, infatti, lo confermano. Quel misero 13% alle Midterm del 2014 è più che raddoppiato nel giro di quattro anni, arrivando al 28% nel 2018. Alle presidenziali, poi, l’affluenza dei giovani americani è stata ancora più elevata: 39% nel 2016 e 50% nel 2020. Numeri ancora sotto la media nazionale – rispettivamente al 55% nel 2016 e al 62% nel 2020 – ma che fanno ben sperare.


Ma come si spiega il rinnovato interesse dei giovani americani per la politica? Innanzitutto, con l’ascesa di candidati che si sono presi a cuore le loro istanze: diritti civili, lotta ai cambiamenti climatici oppure l’accesso gratuito alla carriera universitaria. «I giovani hanno anche aumentato il loro impegno in altre forme di partecipazione civica e politica, come l’attivismo e la protesta», ricorda Medina. Non è un caso, infatti, che alcune delle più grandi manifestazioni di piazza degli ultimi anni – a partire dal successo globale dei Fridays for Future – siano partite proprio dalla galassia giovanile. Uno degli esempi più lampanti è March for our lives, la campagna a favore di regole più stringenti sul possesso di armi da fuoco nata dopo la strage in una scuola a Parkland, in Florida, nel 2018. La protesta nacque proprio da un gruppo di studenti e coinvolse oltre 800 città degli Stati Uniti, dando vita a una delle più grandi manifestazioni giovanili dai tempi delle occupazioni universitarie di fine anni Sessanta.

La polarizzazione

Il riavvicinamento dei giovani americani alla politica potrebbe avere anche un’altra spiegazione. Gli under 30, infatti, sembrano essere tra le generazioni più coinvolte nel processo di polarizzazione della politica americana. Ad oggi, sia il partito democratico che quello repubblicano sono alle prese con una lotta tra diverse correnti. A sinistra, ci si divide tra centristi – rappresentati soprattutto dal vecchio establishment democratico – e la nuova frangia progressista, guidata da figure come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. A destra, la divisione è ancora più netta: da un lato l’ala estremista che fa capo a Donald Trump, dall’altro una piccola minoranza di repubblicani moderati. Di fronte a queste divisioni, la scelta degli elettori under 30 è netta. Sia tra i giovani democratici che tra i giovani repubblicani, la tendenza è quella di spostarsi sempre più lontano dal centro.

In casa Dem, sono i candidati più progressisti a guadagnarsi il voto degli under 30. «Alle primarie del 2016 e del 2020, i giovani elettori democratici hanno preferito di gran lunga Bernie Sanders a tutti gli altri candidati e abbiamo visto grande entusiasmo giovanile durante i suoi comizi», commenta Medina. Anche all’interno del Grand Old Party, la situazione è altrettanto definita. I repubblicani under 30 hanno risposto con grande slancio all’ascesa di Donald Trump. Al punto che, secondo un sondaggio del 2021, soltanto un giovane repubblicano su quattro crede che Joe Biden abbia vinto davvero le ultime elezioni presidenziali.

Una generazione che guarda a sinistra

Confrontando il voto degli elettori tra 18 e 29 anni con altre fasce d’età, c’è una tendenza che emerge su tutte: i giovani americani tendono a votare sempre di più a sinistra. Alle primarie del 2020, Sanders ha raccolto oltre due milioni di preferenze tra gli under 30: più della somma dei voti raccolti da Hillary Clinton e Donald Trump. Pur non essendo riusciti a incidere sul risultato delle primarie, anche nello scontro diretto Biden-Trump il risultato è stato netto. «Nel 2020, il 62% dei giovani ha votato per Biden e il 36% per Trump. Si tratta della più alta preferenza per un candidato democratico alla presidenza mai registrata», sottolinea Medina. A spingere i giovani americani verso il voto Dem sono soprattutto le forti differenze tra i programmi dei due partiti. «Secondo i nostri sondaggi, l’inflazione e l’economia sono di gran lunga le priorità degli elettori in ogni fascia d’età – sottolinea il responsabile della comunicazione di Circle – Tra i giovani, però, l’aborto, il cambiamento climatico e la violenza armata sono questioni altrettanto importanti».

Il peso dei giovani alle Midterm 2022

Come potrebbe incidere, dunque, il voto dei giovani americani alle prossime Midterm? «L’ultimo sondaggio dell’Harvard Institute of Politics mostra che il 40% dei giovani andrà “sicuramente” a votare. Si tratta di un dato in linea con l’affluenza giovanile record del 2018», risponde Medina. Per quanto riguarda le intenzioni di voto, invece, qualche dettaglio in più arriva dall’ultimo report del Pew Research Center. Secondo il noto centro di ricerca americano, il 55% degli under 30 voterà un candidato democratico, il 21% voterà un candidato repubblicano e il 23% è ancora indeciso. Spostando lo sguardo ad altre fasce d’età, le intenzioni di voto cambiano drasticamente. Sopra i 65 anni, per esempio, il 50% afferma che voterà un candidato repubblicano e solo il 38% uno democratico. Numeri che – ancora una volta – raccontano di un Paese spaccato a metà. Non solo tra democratici e repubblicani. E nemmeno solo tra gli abitanti delle grandi città e chi vive in zone rurali. Una delle divisioni più profonde è quella tra vecchie e nuove generazioni. Due mondi quasi a sé stanti, che non solo non vanno d’accordo politicamente ma incarnano visioni del mondo e della società profondamente diverse. E l’esito delle prossime elezioni di Midterm dipenderà – in parte – anche da questo: quale generazione riuscirà a far sentire di più la propria voce?

Foto di copertina: EPA / JUSTIN LANE | Una manifestazione contro la decisione della Corte Suprema di ribaltare la storica sentenza Roe v. Wade sull’aborto (New York, 24 giugno 2022)

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