Patto di Stabilità addio, Gentiloni: «Vogliamo crescita e stabilità». Come funziona il piano Ue “su misura” per ridurre il debito pubblico

L’ex premier spiega che il contenimento del debito pubblico dovrà essere fatto «in modo realistico, graduale e sostenuto»

Addio definitivo alla “casacca unica” (stretta) del Patto di Stabilità, via libera al “vestito su misura” ritagliato dalla sartoria di Bruxelles. La Commissione europea cambia approccio – o meglio, propone di farlo – sul contenimento del debito pubblico per i Paesi membri. Resta e dovrà restare un impegno chiave della politica economica, ma il percorso di riduzione del debito, ha spiegato questa mattina il Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, dovrà essere gestito «in modo realistico, graduale e sostenuto». L’ex premier italiano ha presentato questa mattina a Bruxelles insieme al vicepresidente dell’esecutivo Ue, Valdis Dombrovskis l’attesa proposta di nuova governance economica europea della Commissione. «I tempi cambiano, i trattati sono stati firmati molto tempo fa», ha scandito Gentiloni. Il riferimento è ai cosiddetti “parametri di Maastricht“, che dal 1993, con l’entrata in vigore del relativo Trattato fondativo dell’Ue, hanno dettato i criteri di contenimento del debito e del deficit – non oltre il 60% e il 3% del Pil rispettivamente – e al Patto di Stabilità, che dal 1997 li ha tradotti in un piano operativo. Al centro di infinite polemiche, specie negli anni dell’austerità seguiti alla crisi finanziaria del 2008, più volte modificato (ed annacquato), il Patto era stato sospeso allo scoppio della pandemia da Covid-19 per consentire agli Stati di intervenire senza limiti per evitare il collasso economico legato ai lockdown.


Rientro su misura

Il Patto, hanno concordato nei mesi scorsi le istituzioni Ue, resterà sospeso ancora per tutto il 2023. Ma dal 2024 dovrà essere sostituito da un nuovo assetto di governance economica. Al termine di un lungo dibattito che ha coinvolto economisti, funzionari e leader politici, e di negoziati informali con i governi, ecco la proposta della Commissione, che dovrà ora passare al vaglio formale degli Stati membri. Sulla scorta dell’esperienza maturata con il programma Next Generation EU, l’esecutivo Ue propone dunque di mettere da parte l’approccio univoco (e così stringente da risultare nei fatti inapplicabile) del “vecchio” Patto, sostituendolo con un approccio “su misura”. Con il nuovo approccio, la Commissione concorderebbe con ciascuno degli Stati membri ad indebitamento alto (come l’Italia) o medio dei piani nazionali di riduzione del debito su quattro anni, tali da «garantire un percorso sostenibile» di consolidamento fiscale, insieme a riforme e investimenti. Il piano dovrebbe essere valutato dalla Commissione e ricevere l’approvazione del Consiglio (l’organo che rappresenta tutti i governi Ue), quindi messo in opera. I parametri chiave definiti a Maastricht – del 3 e del 60% del Pil al massimo per deficit e debito pubblico – restano validi, ha chiarito Dombrovskis, ma a cambiare sarà dunque il percorso per raggiungerli.


Occhio severo

L’approccio appare più morbido e negoziale in fase di impostazione, dunque. Ma attenzione perché – per soddisfare le richieste dei Paesi con i conti più in ordine, a partire da Germania e Paesi Bassi – una volta approvati i piani dovranno essere rispettati, a pena di sanzioni pesanti, il cui iter sarà più semplice, e non potranno più essere rivisti, a meno di «circostanze oggettive che ne rendano impraticabile il rispetto». L’unica corda flessibile concessa ai governi, nella proposta della Commissione, sarebbe la possibilità di richiedere un allungamento dei tempi di attuazione del piano, da quattro a sette anni, se giustificato dai ritmi di attuazione di riforme e investimenti. «Le proposte che presentiamo oggi mirano a conciliare tre imperativi, che sono complementari e non contraddittori – ha spiegato in conferenza stampa Gentiloni – sostenere la crescita e migliorare la sostenibilità del debito; rafforzare la titolarità nazionale delle decisioni di politica economica; semplificare le nostre regole, preservandone l’utilità». L’obiettivo complessivo del piano, ha chiosato Gentiloni, è quello di «mettere finalmente sullo stesso piano crescita e stabilità e lavorare efficacemente per raggiungere entrambi». Ora la palla passa agli Stati membri.

Foto: EPA/OLIVIER HOSLET

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