Caso Open, la Consulta dice sì al conflitto di attribuzione tra Senato e pm di Firenze

La Corte Costituzionale dovrà stabilire se i pm fiorentini hanno violato o meno i diritti di parlamentare di Matteo Renzi

La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dal Senato contro i magistrati di Firenze lo scorso 22 febbraio sul caso della Fondazione Open, che vede coinvolto l’ex segretario del Pd e attuale leader di Italia VivaMatteo Renzi. Ora, la Consulta dovrà pronunciarsi e stabilire se i pubblici ministeri fiorentini hanno violato o meno i diritti di parlamentare di Renzi, allegando agli atti dell’inchiesta chat e e-mail di quando lui era già senatore, senza chiedere l’autorizzazione preventiva alla Camera di competenza. L’inchiesta sulla Fondazione vedeva tra gli indagati per presunto finanziamento illecito dei partiti, oltre al senatore Matteo Renzi anche gli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’ex presidente della fondazione Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai, tutti facenti parte del «giglio magico renziano». La decisione della Consulta potrebbe portare il gup a sospendere l’udienza preliminare in corso a Firenze. 


Il conflitto tra poteri dello Stato era stato sollevato a fine febbraio scorso dal Senato. Con 167 sì, 76 no e zero astenuti, il ramo del parlamento aveva votato a favore del conflitto di attribuzione contro i magistrati di Firenze. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia in quell’occasione avevano votato compatti a favore dell’ex premier (che, in Aula, aveva attaccato i pm di Firenze). «Non si può sequestrare la corrispondenza di un parlamentare senza l’autorizzazione dell’Aula a cui appartiene», aveva tuonato Alberto Balboni di Fratelli d’Italia. ll 4 aprile scorso, durante la prima udienza del processo sul presunto uso della Fondazione Open come cassaforte del suo movimento politico, Matteo Renzi aveva affermato inoltre che secondo la Corte di Cassazione «il processo Open si era dimostrato per quello che è, cioè uno scandalo assoluto. La Cassazione, non le difese, ha spiegato con chiarezza per cinque volte che l’operato dei magistrati di Firenze ha infranto le regole». 


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