La mamma che chiede alla banca i soldi per curare la figlia: «La malattia non aspetta, preferisco pagare»

A Palermo e nella sua regione liste d’attesa troppo lunghe

Cira Maniscalco ha una figlia di 8 anni che soffre di una rara malattia neurologica. Per garantire le cure alla bambina ha chiesto un finanziamento di 30 mila euro a una banca. Perché nella sua città, Palermo, e nella sua regione le visite e gli esami hanno liste d’attesa troppo lunghe. Lo spiega lei stessa in un’intervista a la Repubblica raccontando di un encefalogramma fatto dopo pochi giorni pagato 250 euro: «Non è stata una scelta, ma una necessità. Mia figlia ha una rara patologia neurologica che richiede controlli annuali. A maggio il medico le ha prescritto un elettroencefalogramma nel sonno, tecnicamente chiamato polisonnografia, con priorità breve, da eseguire cioè entro dieci giorni. Sono andata al centro prenotazioni dell’ospedale pediatrico Di Cristina. Mi è stato risposto che l’esame non si poteva prenotare. Dopo le mie proteste, mi hanno detto che si poteva fare a novembre. Allora mi sono rivolta a un centro privato. Dopo due giorni l’esame è stato eseguito al costo di 250 euro. Nel pubblico non avrei pagato, perché mia figlia ha diritto all’esenzione per patologia».


Cira dice che questa cosa succede molto spesso: «L’anno scorso ho pagato una risonanza magnetica pediatrica. In ospedale avrei dovuto attendere otto mesi. In un centro diagnostico privato l’esame è stato eseguito dopo due giorni per 300 euro. Ma i bambini con un tumore al cervello non possono aspettare. E noi genitori siamo disposti anche a indebitarci. Ho chiesto un finanziamento a una banca, pago una rata da 280 euro al mese e ho ancora davanti dodici anni di pagamenti. Ora, con l’aumento dei prezzi e il caro-bollette, non arrivo nemmeno a fine mese. Devo chiedere ai miei genitori i soldi per la spesa». E questo perché «in Sicilia non esiste la Neurochirurgia pediatrica e sono costretta a continue trasferte all’ospedale Meyer di Firenze. La Regione rimborsa solo parte delle spese, il resto è a carico nostro. È vergognoso che le famiglie debbano pagare anche esami di routine che dovrebbero essere garantiti in tempi accettabili dalle strutture pubbliche».


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