La rabbia degli ex ministri di Draghi contro Giorgia Meloni per le accuse sul Pnrr: «Hanno paura di non farcela»

«Mettono le mani avanti perché temono un fallimento», è la tesi

I ritardi del Pnrr tornano a causare polemiche. Mentre la premier Giorgia Meloni ha in programma di cambiare i tecnici che si occupano del Recovery Plan, gli ex ministri di Mario Draghi non ci stanno. E dicono di aver lasciato in linea tutte le scadenze prima delle consegne al nuovo esecutivo. «Gli impegni del 2022 dovrebbero essere tutti raggiunti. La verità è che provano a mettere le mani avanti perché temono un fallimento nella realizzazione dei cantieri nel 2023», è il virgolettato (anonimo) riportato oggi in un retroscena di Repubblica. Anche se l’ex premier resta in silenzio, sono dunque i membri del suo governo a farsi sentire. «Non accettiamo l’accusa di aver accumulato ritardi – ha detto qualche giorno fa proprio a Repubblica Enzo Amendola -. Abbiamo fatto tutto quanto era dovuto, e anche di più». Ma c’è anche chi è più preciso. Secondo gli ex draghiani il governo ha agito sia per il raggiungimento degli obiettivi che contro il rincaro delle materie prime. In più c’è il caso dell’unità di missione del ministero delle Infrastrutture. Che all’epoca era guidato da Enrico Giovannini. Lo scorso 30 settembre il dicastero ha prodotto una relazione sugli obiettivi 2022. Ne mancavano tre. Da quel momento sono state aggiudicate due gare. Mentre il terzo impegno, ovvero il regolamento sulla concessione dei porti, è stato predisposto, inviato al Consiglio di Stato e da lì è tornato quando ministro è diventato Matteo Salvini. E mentre la Corte dei Conti fa sapere che su asili nido e scuole dell’infanzia gli obiettivi sono a rischio, c’è chi fa notare che il cambio dei tecnici alla guida dei progetti rischia davvero di rallentare tutto.


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