Il fratello di Liliana Resinovich non crede al suicidio e accusa il marito: «Mi ha sempre preso in giro»

La donna è stata ritrovata morta. L’ipotesi soffocamento

«Voglio che mi dimostrino scientificamente che Liliana si è suicidata. Solo allora avrò un po’ di pace e farò i conti con la mia coscienza per non aver capito nulla di mia sorella». Sergio, il fratello di Liliana Resinovich, parla oggi con il Corriere della Sera del caso della sorella. La donna è scomparsa un anno fa a Trieste. 22 giorni dopo la polizia l’ha trovata morta nel bosco di un ospedale psichiatrico a due chilometri da casa sua. Secondo le indagini della Procura si sarebbe suicidata. Ma il fratello non ci crede: «La conoscevo molto bene. Non aveva turbe. Era felice». Per lui la sorella una settimana prima della scomparsa «era di buon umore. Aveva le idee molto chiare. E c’era il progetto di andare a vivere con un altro uomo, Claudio Serpin. Ho chiesto a Serpin di vederci. Mi ha raccontato tutto. Che avrebbe voluto iniziare una nuova vita con Liliana e che lei era disponibile». Credo, dice Sergio, «che l’atto del suicidio sia stato montato, come una sceneggiata, per farlo sembrare tale. Il marito (Sebastiano Visintin) li ha male instradati. Ha parlato di allontanamento spontaneo. Così si è perduto tempo. Il giorno della scomparsa avevo chiamato al telefono mia sorella. Ha risposto il marito. “È uscita e ha lasciato il telefono in casa”. Era una donna precisa. Figurarsi se usciva senza telefono, soldi e Green pass». E il Dna che lo scagiona? «Non era completo. Non si è riusciti a capire a chi appartenesse. Io credo che sia morta il giorno della scomparsa». Il marito «mi ha sempre preso in giro. Quando dicevo ‘andiamo a cercarla’ rispondeva di aspettare». Mentre e il suicidio dovesse diventare verità ufficiale della procura «chiederemo la riesumazione del cadavere per altre analisi».


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