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Covid dalla Cina, i sospetti sulla variante Gryphon e i tamponi: «Senza misure europee impossibile fermare i contagi»

covid dalla cina variante gryphon tamponi
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I test sui viaggiatori: uno su due è positivo. Antonella Viola: «La pandemia non è finita»

L’ondata di Covid-19 che arriva dalla Cina spaventa il governo. Mentre i sospetti sull’esplosione dei contagi si accentrano sulla sottovariante XBB.1.5 del virus Sars-CoV-2, nota anche come Gryphon. Potrebbe essere questo recente membro della famiglia di Omicron fra le cause dell’impennata dell’epidemia. Intanto il ministro della Salute Orazio Schillaci ha firmato un’ordinanza per obbligare al tampone chi arriva da Pechino. Oggi riferirà in Senato sulla situazione, mentre l’Unione Europea convoca il Comitato per la sicurezza sanitaria. E anche gli Stati Uniti impongono l’obbligo di test negativo. Nella sua ordinanza Schillaci ha disposto anche il sequenziamento del virus. Una misura indispensabile per garantire la sorveglianza e l’individuazione di eventuali varianti.

La sottovariante XBB.1.5

Dall’inizio. Per spiegare il nuovo boom dei contagi dalla Cina gli occhi sono puntati sulla sottovariante XXB.1.5. Si tratta al momento solo di un’ipotesi, ha spiegato il virologo Francesco Broccolo dell’Università del Salento ieri all’Ansa. Ma la stessa variante Gyphon sembra collegata all’incremento dei ricoveri negli Usa e in particolare a New York. Dove la XBB è aumentata del 140% nell’ultimo mese. «È vero che in Cina si è passati in breve tempo da una politica di restrizione severa a un’apertura improvvisa, ma è anche vero che la popolazione ha ricevuto un vaccino, il Sinovac, con una somministrazione pari a 241 dosi per 100 abitanti, pari a quella del Regno Unito», osserva Broccolo. La XBB sta rapidamente sostituendo sottovarianti comuni, come BQ.1 e BQ.1.1, secondo l’esperto. E si è diffusa in tempi rapidi in almeno altri nove Paesi, sei dei quali europei. Oltre che in Italia, dove al 27 dicembre costituiva l’1,82% del virus in circolazione, gli esperti hanno rilevato XBB in Francia (1,22%), Belgio (4,56%), Germania (2,05%), Spagna (2,61%) e Regno Unito (5,44%) secondo Our World in Data, che cita i dati relativi alle sequenze genetiche del virus depositate nella banca dati internazionale Gisaid. La XBB è presente anche in Australia (3,33%), Canada (1,93%) e Stati Uniti (13,42%).

La diffusione e i dubbi

La XBB si diffonde velocemente grazie alla mutazione chiamata F486P. Che le permette di sfuggire agli anticorpi generati sia da infezioni da Omicron 5 sia dai vaccini. E rafforza il legame con il recettore Ace2 che si trova sulle cellule umane. L’epidemiologa Maria Van Kerkhove, Technical Lead per Covid-19 dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha spiegato in un video su Twitter perché continueremo a vedere ondate di infezioni in tutto il mondo: «Omicron può causare l’intero spettro di malattie, dall’infezione asintomatica fino alla morte, ma la buona notizia è che i nostri strumenti funzionano ancora». E i primi numeri sui test in aeroporto in Italia non rallegrano: a Malpensa nel primo volo c’erano 35 positivi su 92 passeggeri. Nel secondo erano 62 su 120. L’epidemiologo Carlo Lavecchia spiega oggi a Repubblica che fare i tamponi sui voli «ha senso per individuare un’eventuale nuova variante. Se in Cina continuassero a circolare solo versioni di Omicron, come oggi, l’impatto di questa ondata sul resto del mondo sarebbe limitato. Abbiamo oltre 400mila positivi registrati e probabilmente un milione di italiani contagiati. Alcune centinaia di viaggiatori stranieri non peserebbero sull’epidemia».

Antonella Viola: «Misure europee»

Intanto l’immunologa Antonella Viola in un editoriale su La Stampa spiega l’errore dei dirigenti cinesi nella gestione di questi ultimi mesi di pandemia: «Il virus è stato improvvisamente lasciato libero di diffondersi in una popolazione scarsamente vaccinata. E, ovviamente, sta contagiando milioni di persone al giorno. La Cina è quindi in ginocchio, nonostante il governo cerchi di nascondere la situazione drammatica. Ma questa nuova ondata di contagi, con questi numeri così incredibili, potrebbe avere conseguenze ben oltre il confine cinese». E quindi «il mondo rischia di ritrovarsi nuovamente travolto da un virus cambiato, che non è più riconosciuto dagli anticorpi generati dai vaccini o dalle infezioni precedenti». Per l’esperta i test del tampone in aeroporto non basteranno: «Troppe persone sfuggono al tampone perché arrivano con voli che fanno scalo in città europee. E, soprattutto, abbiamo imparato che le misure prese da un solo Paese servono a poco. Serve, invece, un’azione europea immediata e decisa per evitare che lo scenario peggiore possa diventare reale. Purtroppo, la pandemia non è finita».

Vaia: «Ma non è come il 2020»

Ma Francesco Vaia, direttore dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani di Roma, dice che la situazione è comunque diversa rispetto al 2020: «Non è un virus nuovo come allora. Sappiamo trattarlo con farmaci e monoclonali; abbiamo costruito e modellato vaccini efficaci contro le complicanze gravi. Siamo lontani dalla malattia sconosciuta e imprevedibile di allora», spiega in un’intervista al Il Messaggero. «In Cina attualmente si assiste ad una nuova ondata epidemica con elevata circolazione di Sars-CoV-2, favorita dalla presenza di una ampia popolazione non vaccinata o vaccinata con vaccini poco efficaci. E in larga parte non immunizzata per via naturale, come effetto dei lockdown. È verosimile che si possa creare una situazione favorevole alla selezione di una nuova variante. Un po’ quello che è successo in India con Delta e in Sud Africa con Omicron. Monitorare i passeggeri in arrivo, con tamponi e sequenziamento virale ci consente di tenere sotto sorveglianza questo nuovo inatteso fronte della pandemia».

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