Da Milano all’Europa, la piaga del caro affitti. Ecco come Londra, Vienna e Parigi la combattono

Alla scoperta dei modelli d’Europa. Londra adegua gli stipendi al carovita; a Vienna 6 persone su 10 vivono nelle case popolari; e Parigi sta dando battaglia ad Airbnb

La storia di Giuseppina Giugliano, bidella pendolare tra Napoli e Milano, seppur con tutte le sue controversie, ha portato nuovamente alla ribalta un tema che riguarda moltissime città, sia italiane che europee: quello del caro affitti. Trovare casa, o anche solo una stanza, nelle grandi città del Paese – da Milano a Roma passando per Bologna – e del continente – da Parigi a Londra, da Ginevra ad Amsterdam – è diventato sempre più difficile negli ultimi anni, con prezzi per una stanza singola che spesso si avvicinano pericolosamente e addirittura superano il 50% dello stipendio medio dei lavoratori di queste città. Mentre per offrire una qualità di vita dignitosa, viene normalmente indicato dagli esperti il 30% come quota limite che la rata d’affitto può occupare rispetto al salario mensile. A Milano, come noto, non è raro spendere 600-700 euro per una stanza singola vicino al centro, e si toccano i 1.800 euro al mese per un bilocale. Secondo Housing Anywhere, il capoluogo meneghino è la quarta città d’Europa per il prezzo degli affitti. Più cara di Parigi, Berlino e Monaco di Baviera. Il salario medio di una posizione entry level? 27 mila euro l’anno. Per tentare di risolvere il problema, diverse città si sono mosse in differenti direzioni, con risultati in certi casi molto buoni. Oggi vediamo tre approcci: quello di Londra – dove gli stipendi vengono adeguati al maggior costo della vita nella capitale; di Vienna – che ha fatto delle case popolari la propria firma; e di Parigi, che si è scagliata contro gli affitti brevi.


L’aggiustamento londinese

Secondo il sito specializzato SpareRoom, l’affitto di una camera singola nella capitale britannica, costa in media 906 sterline al mese. A fronte di un salario medio di 32,500 sterline annue per i lavori in posizioni entry level. Le cifre sono ben diverse se si guarda a tutto il Paese, con l’affitto di una camera singola che scende di un terzo, e arriva a 660 sterline al mese, e gli stipendi che seguono un trend simile, attestandosi a 25,500 sterline annue. Una differenza corposa tra la capitale e il resto del Paese, che il Regno Unito ha cercato di affrontare con un adeguamento degli stipendi di Londra al maggior costo della vita nella città sul Tamigi. In media, un lavoratore di Londra percepisce 4 mila sterline l’anno in più di un’altra persona che fa lo stesso lavoro, per la stessa compagnia, ma in un’altra città. Si tratta di un aiuto che si è dimostrato fondamentale per permettere agli abitanti della capitale britannica di avere uno standard di vita accettabile. Anche se, secondo uno studio pubblicato a maggio 2022 dalla Loughborough University, per essere adeguato ai recenti aumenti, il sussidio dovrebbe arrivare a 6,500 sterline annue.


Il modello Vienna

Se Vienna appare al vertice delle classifiche sulle migliori città per qualità della vita, il merito è anche del successo della sua politica sugli immobili. Nella capitale austriaca, circa sei persone su dieci vivono in case che vengono pagate grazie a qualche forma di agevolazione. Le case popolari si trovano in tutti i quartieri della città, non solo in periferia, e molte volte hanno poco a che vedere con la fatiscente edilizia popolare italiana. Si tratta di immobili indistinguibili da quelli privati. Il sistema funziona anche perché i bassi prezzi delle case del Comune e dello Stato costringono i privati all’adeguamento. Non si possono proporre prezzi troppo alti perché altrimenti nessuno si presenterebbe a vedere le case. In un certo senso, viene limitata l’azione del libero mercato sull’immobiliare. Il risultato è che sono sufficienti poco più di mille euro per affittare un appartamento di 85 metri quadrati e due camere in zone residenziali, per un monolocale ne bastano tra 700 e 850. Per una stanza singola in zone centrali ne bastano intorno ai 500, ma se ci si allontana dal centro, anche meno. Il tutto a fronte di uno stipendio medio per posizioni entry level di circa 32 mila euro l’anno.

Parigi contro Airbnb

A portare in alto gli affitti, negli ultimi anni, ha contribuito anche la diffusione di piattaforme come Airbnb, che con gli affitti brevi hanno permesso a molti di proporre sistemazioni nelle case di loro proprietà a prezzi maggiori rispetto quelli a lungo termine. Nel caso di Parigi, fino a 3,5 volte più lucrative degli affitti a lungo termine. Nel 2016, la Francia ha approvato una legge che consente alle amministrazioni cittadine di togliere la possibilità di affittare per brevi periodi ai proprietari se questi non rispettano determinati parametri. È ancora presto per capire quanto la nuova legge impatterà sul prezzo degli affitti. Ma quando è entrata in vigore, le proprietà listate da Airbnb nella capitale francese erano tra il 4 e il 7% del totale. Numeri che riducono ancor di più la disponibilità di alloggio a medio e lungo termine, facendo aumentare i prezzi.

Leggi anche: