E se il Pd cambiasse nome? La spinta di Orlando: «Vorrei si chiamasse Partito del lavoro» – Il video

Per il leader dell’ala sinistra del partito, la discussione sul possibile nuovo nome del soggetto politico è ormai aperta. Contrario Gianni Cuperlo

A poco più di un mese dalle primarie per la scelta del suo nuovo segretario, in programma il 26 febbraio, il Partito democratico ha approvato nell’assemblea svoltasi ieri, sabato 21 gennaio, il regolamento congressuale, insieme con un rinnovato manifesto dei valori. Al centro del documento, i temi del lavoro, dei diritti, della lotta al cambiamento climatico e dell’integrazione europea. Nel congedarsi dalla guida del partito, Enrico Letta ha detto che c’è bisogno di «un nuovo partito», ed il manifesto pone le basi proprio per questa rifondazione. Ma a cambiare, insieme con l’identità del Pd, dovrebbe essere anche il nome stesso del partito? La discussione è ormai aperta e allo scoperto, e sul tema interviene oggi uno dei leader di maggior peso del partito, l’ex ministro Andrea Orlando. Lanciando un’idea ben precisa per la nuova denominazione del soggetto politico di centrosinistra. «Mi piacerebbe chiamarlo Partito del lavoro», dice Orlando in un’intervista al quotidiano La Repubblica.


«Io condivido questa opzione perché con essa si risponderebbe almeno in parte al tema dell’identità», spiega l’ex ministro, che guida l’ala sinistra del partito, quella più vicina al mondo dei sindacati, che rivendica come quella sul nome sia e debba essere «una discussione aperta». Nell’assemblea di sabato, riflette Orlando, «abbiamo votato quasi in modo unanime un documento che affronta nodi non banali, se si continua su questa strada è possibile definire un’identità che superi spinte in direzioni diverse». A meno di un mese dalle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, Orlando resta convinto che i candidati dem, Pierfrancesco Majorino e Alessio D’Amato, possano fare bene, ma nella «malaugurata ipotesi» di una loro sconfitta, aggiunge, vorrà dire che «ci sarà più lavoro da fare».


La versione di Cuperlo

Se concorda con Orlando sulla necessità di tenere unito il partito attorno a una nuova identità, e di scongiurare dunque qualsiasi scissione dopo l’elezione del nuovo segretario, si dissocia sul cambio del nome Gianni Cuperlo, uno dei quattro candidati alla segreteria. «Al sostantivo ‘partito’ e all’aggettivo ‘democratico’ ero e resto affezionato», dice l’ex presidente del Pd in un’intervista al Quotidiano Nazionale. «Capisco lo spirito della proposta del sindaco di Bologna Matteo Lepore, ma credo che, mai come oggi, dobbiamo vedere l’attacco alla democrazia e trarne la conferma che la battaglia dei prossimi anni sarà su questo. Confermerei la nostra identità anche come scelta che guarda al conflitto centrale di questo tempo storico, quello tra democrazia e autocrazie». Nell’inseguire altri modelli, rimarca ancora Cuperlo, «abbiamo spesso finito col rinunciare a noi stessi. Oggi la prova è investire su di noi, dire chi siamo e quale parte del Paese vogliamo promuovere, emancipare, rappresentare».

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